25 Maggio 2015

Terremoto in Nepal: il racconto del nostro staff

 

Il terremoto in Nepal è stato “l’esperienza più spaventosa della mia vita”. Lisa Rutherford (Ufficio Stampa, Oxfam GB)


Il terremoto di magnitudo 7.8 del 25 aprile ha lasciato il paese sconvolto, causando la morte di oltre 8.000 persone, ferendone più di 18.000 e lasciandone senza casa 2.8 milioni. E’ stato detto molto sul fatto che questo terremoto fosse prevedibile, ma l’impressione è che nessun tipo di preparazione sarebbe comunque stata sufficiente per tenere il passo con il crescente rischio di catastrofi.
Poi 17 giorni dopo, un secondo potente terremoto ha colpito ancora seminando panico e distruzione e causando altri morti. Il senso di incredulità è palpabile, ma lo è anche il coraggio senza riserve e la resistenza del popolo nepalese.


Durante il tempo trascorso qui, ho conosciuto le persone più straordinarie. Nei campi organizzati nelle aree verdi del centro di Kathmandu, ho conosciuto famiglie la cui casa adesso è una tende condivisa con amici e vicini. Le loro case o sono o irreparabilmente danneggiate o semplicemente non abbastanza sicure per rientrarci. Siedono nel caldo oppressivo del pomeriggio e parlano delle loro vite e dei loro sogni, incerti su quando avranno di nuovo una casa tutta loro. Quando viaggiamo a meno di un’ora a sud della città fino al villaggio di Sankhu, sembra letteralmente squarciato da una bomba. Le case sono distrutte a tal punto da non riuscire a riconoscerne le forme. Le famiglie e i vicini di casa sono ammucchiati tra le rovine delle case, all’interno di piccoli bus o all’aria aperta con rifugi improvvisati con teloni di plastica come unico riparo. Abbiamo sentito storie di sopravvissuti e storie di perdite. Ad esempio di un padre che ha camminato per tre giorni alla ricerca della moglie e della figlia, che fortunatamente erano sane e salve. Un contadino che lavorando nel suo campo ha guardato impotente l’aria riempirsi della polvere delle case crollate. Ognuno ha una storia da raccontare, ma il finale è lo stesso, quello di una vita frantumata in mille pezzi.


Abbiamo viaggiato fuori Chautara nella regione di Sindhupalchok, il distretto Nepalese più duramente colpito.

L’ospedale è stato gravemente danneggiato, così il campo sportivo è stato trasformato in un ospedale da campo con grandi tende che fungono da sale operatorie e reparti pediatrici. In questo distretto il nostro team ha costruito un serbatoio di 10.000 litri d’acqua per rifornire l’ospedale e i servizi igienici di emergenza. I bambini e gli anziani si aggirano con ferite ben visibili ed è difficile riuscire a occuparsi di tutti. Ma lo spirito della gente che incontriamo è nonostante tutto allegro. I bambini piccoli fanno domande in un inglese perfetto e ridacchiano mentre cerchiamo di rispondergli in nepalese. Un gruppo di giovani ha trasferito qui la stazione radio comunitaria per continuare a trasmettere dalla collina che sovrasta l’accampamento. I volontari compaiono con enormi pentole di riso per sfamare quanti aspettano in fila.


I miei colleghi ed io siamo rimasti coinvolti nel terremoto di martedì. 30-40 spaventosi secondi di scosse e urla che per me sono stati l’esperienza più terribile della mia vita. Fortunatamente la zona di Kathmandu dove eravamo sembra sostanzialmente intatta. Mentre il terremoto si calmava, mi sono guardata intorno vedendo il grande gruppo di persone sparse sulla strada principale e osservando quello che è accaduto dopo. Le persone si sono scambiate gesti e sguardi rassicuranti. Hanno telefonato ai loro cari. Poi nel giro di pochi minuti, le persone sono tornate a fare ciò che stavano facendo, nei negozi, sui loro veicoli. Tutto è andato avanti.

Oggi lascerò il Nepal e mi porterò dietro questa immagine per sempre. Quella di una popolazione che mostra il più incredibile coraggio nel fronteggiare una situazione tanto pericolosa. Quella di persone gentili ed allegre, che vogliono solo vivere in sicurezza con le loro famiglie. E spero vivamente che il futuro porterà loro nuove speranze e la sicurezza che meritano.



Oxfam lavora con altre associazioni per superare la povertà e la sofferenza.

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