14 Agosto 2014

Oxfam: la fine del blocco fondamentale per la ripresa di Gaza

 

La dimostrazione degli attivisti di Oxfam davanti al Parlamento a Londra per chiedere la fine del blocco

Il pieno recupero dalla catastrofe umanitaria a Gaza sarà possibile solo se Israele rinuncerà al blocco in modo permanente. Abbiamo realizzato un flash mob a Londra per chiederne la revoca.

Dall’inizio del conflitto Oxfam fornisce aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, ma la ricostruzione non è ancora davvero cominciata, perché prima di tutto è necessario che Israele ponga fine  blocco. Anche prima della distruzione dell’ultimo mese, sette anni di blocco avevano reso del tutto inadeguate le forniture di servizi essenziali come energia elettrica, acqua potabile e fognature. Con il blocco, l’80% degli abitanti di Gaza dipende dagli aiuti; l’intera popolazione civile subisce le conseguenze di atti di cui non è responsabile. Una punizione collettiva, illegale per il diritto internazionale.

In Piazza del Parlamento, oggi, a Londra 150 donne, uomini e bambini hanno partecipato a un flash-mob, stipati in scatoloni per denunciare le condizioni di vita della popolazione di Gaza intrappolata dal blocco.

“La comunità internazionale verrebbe meno ai propri doveri se rimanesse in silenzio di fronte a una situazione che continua a generare miseria ai palestinesi di Gaza. – ha detto Riccardo Sansone, responsabile emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Israele ha legittime preoccupazioni di sicurezza, ma infliggere una punizione a tutti indiscriminatamente non porta alla pace e alla sicurezza per palestinesi e israeliani. La misura è colma e il blocco deve essere revocato ora. Chiediamo al governo italiano, nel semestre di presidenza dell’Unione europea, di assumere un ruolo di leadership in tal senso.”

Nelle ultime settimane il mondo ha assistito con sgomento al lancio indiscriminato di missili da Gaza e agli attacchi sproporzionati di Israele che hanno causato un numero enorme di morti tra i civili. Gaza è di nuovo ridotta a un cumulo di macerie, oltre 100.000 persone sono senza casa. La distruzione avvenuta è la peggiore a cui Oxfam abbia assistito nei suoi 20 anni di attività nell’area: danneggiati 15 ospedali, 16 ambulatori (compresi i 4 costruiti con il supporto di Oxfam) e 200 scuole, di cui 25 completamente distrutte. L’unica centrale elettrica di Gaza è stata bombardata, inutilizzabili decine di pozzi, tubature e cisterne che hanno lasciato 1,8 milioni di persone senza acqua potabile e il resto della popolazione con una disponibilità ogni 5 giorni. Fino al 90% dell’acqua proveniente dalle falde non è adatta al consumo umano e molti sono costretti a spendere un terzo del loro reddito per comprare acqua potabile. La rete idrica è in generale talmente a pezzi che il sistema fognario non funziona più, riversando in strada liquami e rifiuti con conseguenze per la sicurezza sanitaria..

Al di là delle conseguenze umanitarie, il blocco impedisce la ripresa economica di Gaza nel dopo-crisi. Gaza dipendeva dall’esportazione di fragole in Gran Bretagna, fiori in Olanda e di una serie di altri prodotti in Israele e Cisgiordania. Oggi le restrizioni hanno interrotto il commercio con Israele e Cisgiordania – suoi sbocchi naturali – e le esportazioni sono appena al 2% dei livelli pre-blocco. Senza accesso ai mercati esterni, l’economia di Gaza è condannata a dipendere dagli aiuti.

“Anche prima dell’attuale crisi, l’isolamento stava strangolando l’economia di Gaza. La comunità internazionale ha un’ultima occasione per far sentire la propria voce e chiedere la revoca del blocco. Solo così si potrà garantire una pace duratura per palestinesi e israeliani” ha concluso Sansone.

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