4 Settembre 2020

OXFAM: “BEIRUT, A UN MESE DALL’ESPLOSIONE, IN 70 MILA HANNO PERSO IL LAVORO”

 

Roma, 4 settembre 2020_A un mese dalla terribile esplosione che ha causato 200 vittime e oltre 300 mila sfollati, Beirut è ancora in ginocchio con decine di migliaia di persone che non hanno risorse per rendere di nuovo abitabili le proprie case, un’inflazione alle stelle che fa costare una porta 1.000 dollari, il valore di 2 stipendi. Centinaia di migliaia di persone hanno ancora bisogno di aiuti immediati: cibo, riparo, acqua. Il Paese che importava la maggioranza del cibo necessario al proprio fabbisogno (l’80% dei cereali ad esempio), dopo che il suo principale porto è stato distrutto, sta esaurendo giorno dopo giorno, le scorte di cibo, medicine, beni di prima necessità. Un disastro umanitario – alimentato da disuguaglianze profondissime, dall’aumento dei prezzi e dal Covid-19 – che impedirà il ritorno a una vita dignitosa delle fasce più deboli della popolazione.

Dopo l’esplosione si calcola che 70.000 persone siano rimaste senza lavoro, con un tasso di disoccupazione arrivato al 33%, mentre l’inflazione ha portato i prezzi dei materiali da costruzione alle stelle, proibitivi per chi già prima dell’esplosione faticava a vivere.  – ha detto Paolo Pezzati responsabile per le emergenze umanitarie di Oxfam ItaliaBasti pensare che il salario minimo è al di sotto dei 450 dollari al mese, mentre sostituire una finestra ne costa 500, una porta fino a 1.000. Queste famiglie hanno bisogno di aiuti immediati per risollevarsi e ricostruire le proprie vite.”

La deflagrazione che ha distrutto il porto di Beirut e parte della città, ha colpito un paese già in default con il 50% della popolazione al di sotto la soglia della povertà, la lira libanese svalutata dell’80% da ottobre, i lavoratori migranti lasciati per strada, denaro liquido praticamente inaccessibile e gli effetti del coronavirus che ha lasciato senza lavoro migliaia di lavoratori occasionali. Il tutto nel contesto del Paese che ospita più rifugiati al mondo in rapporto alla popolazione: quasi 1 abitante su 5 è un profugo siriano.

“Nelle aree più vicine al disastro, metà degli stabilimenti che operavano nel commercio all’ingrosso, dei negozi e delle strutture di ricezione è completamente distrutta. – ha aggiunto Pezzati –  Nei quartieri più colpiti il reddito delle famiglie è medio-basso, a volte al di sotto del salario minimo. Chi ha perso il lavoro non ha nemmeno i soldi per mangiare, figurarsi per ricostruire la casa.”

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