In fuga dall’Ucraina: storie di donne che hanno lasciato tutto indietro.

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La tragedia di chi è costretto a fuggire dopo aver perso tutto diventa ancora più drammatica per donne e bambini.

Sono loro le persone più vulnerabili e fragili che rischiano maggiormente di subire abusi, violenze e sfruttamenti nel viaggio che intraprendono verso la salvezza.

Abbiamo raccolto le storie e le testimonianze di alcune donne ucraine arrivate in Toscana che, dopo aver trovato scampo in paesi come Polonia, Romania e Moldavia, hanno deciso di continuare il viaggio verso l’Italia. Nataliya, Lesia, Oxana, Mariya, Olesia sono solo alcune delle migliaia donne sfuggite dal dramma della guerra in Ucraina che, grazie al tuo sostegno, possiamo aiutare.

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Nataliya e Lesia

Abbiamo intervistato Nataliya, 30 anni, madre di Maksim, 10 anni e Jaroslav, 8 anni e Lesia, 31 anni, madre di Diana, 5 anni, e Oleksandra, 10 anni. Entrambe vengono da Ivano-Frankvis’k.

I mariti sono rimasti in Ucraina a combattere. Sono ospiti a Grosseto, in una seconda casa quasi davanti al mare. Sono arrivate in Italia da tre settimane passando per l’Ungheria, in un viaggio in bus da 50 posti, pieno di mamme e bambini, di quasi 32 ore. I bambini più grandi seguono le lezioni in DAD con le loro insegnanti che sono in Polonia.

A questa e alle altre famiglie consegniamo i pacchi della Caritas, che abbiamo ritirato all’emporio della solidarietà. I pacchi contengono alimenti non deperibili per un mese, a seconda della composizione della famiglia.

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Oxana e Mariya

Abbiamo ascoltato le storie di Oxana, 36 anni,  insieme a Nazar, 8 anni, e Veronica, 2 anni, e della signora Mariya, vengono tutti da Ternopil.

La famiglia è ospite a Marina di Grosseto, presso la casa delle vacanze di un ex datore di lavoro della signora Mariya, che è in Italia dal 2000. Il marito di Oxana è rimasto a Ternopil a combattere, si sentono ogni giorno ma lui non può rivelarle nulla della sua posizione. Sono arrivati con la macchina e poi con l’autobus a Pisa, e a Pisa è venuto a prenderli l’ex datore di lavoro. In Ucraina, Oxana è medico, al momento non lavora perché è in maternità. A Ternopil avevano una app che li avvertiva dei bombardamenti imminenti. La signora Mariya è stata in ospedale 4 mesi e mezzo per il Covid, che ha preso a novembre. È stata un mese in terapia intensiva, e adesso i suoi livelli di saturazione sono costantemente bassi, quindi è attaccata all’ossigeno. Tre anni prima aveva lavorato con la famiglia dell’uomo che le ha offerto casa, che la aveva regolarizzata e comunque trattata benissimo, come una della famiglia. Quando ha saputo che si era ripresa dal Covid e non aveva un posto dove andare, le ha offerto la casa al mare, e si è preoccupato che fosse raggiunta dalla figlia e dai nipoti. Si vedono ogni domenica.

Oxana ha viaggiato in autobus per 42 ore per arrivare in Italia, un autobus pieno di donne e bambini.

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Olesia e Alex

Incontriamo Olesia e suo figlio Alex, sei anni e mezzo, in un bar in un centro commerciale di Grosseto. Olesia, Alex e la nonna sono temporaneamente ospiti della famiglia del padre, ma non è una soluzione durevole. Pensano quindi di chiedere ospitalità presso un CAS attraverso la nostra mediazione e l’intervento della protezione civile. In questo caso però condivideranno una struttura con altre mamme e bambini.

Olesia ha alcune domande per Andrea, il nostro operatore legale, che riguardano la possibilità di richiedere il permesso di protezione temporanea, che le spetterebbe come rifugiata. Olesia ha comunque già un permesso, in quanto madre di un cittadino italiano. Chiede anche informazioni per i trasporti, che le garantiscono 4 settimane di gratuità. Il bambino non va ancora a scuola, ha problemi di linguaggio e continua a fare lezione online con la sua logopedista, a cui è molto affezionato, che è rimasta a Kiev. Olesia vorrebbe che stesse con altri bambini; ha trovato una scuola, in cui sono già ospiti alcuni bimbi ucraini, e sta cercando se ci sono corsi pomeridiani per farlo socializzare.

Olesia, Alex e la nonna sono fuggiti da Kiev il 24 febbraio, giorno dell’inizio della guerra, e sono arrivati in Italia, passando per la Polonia, il 2 marzo.

Sono fuggiti con l’auto del fratello, militare, che sapeva comunque che non avrebbe potuto attraversare il confine, ma sarebbe dovuto tornare a combattere. Solo il tragitto per uscire dalla città è durato 10 ore, per le enormi code e ingorghi che si erano create, e alcuni tratti li hanno percorsi contromano per fare prima.

Ogni giorno la televisione trasmetteva notizie molto allarmanti ma Olesia, che è nata in Russia, non voleva credere che ci sarebbe stata una guerra. Non pensava che sarebbero stati coinvolti dei civili, in una guerra che nessuno voleva. Conosceva persone che preparavano valigie e documenti, ma lei si rifiutava di farlo. Le pareva impossibile. La mattina del 24 febbraio la maestra di asilo di Alex ha inviato un sms dicendo di non portare i bambini a scuola, e delle amiche hanno scritto di aver sentito le prime bombe, così Olesia ha subito pensato di scappare. “Ho letto – stanno bombardando – e per noi che viviamo in pace sono state parole terribili”. Ha controllato internet, e si è accorta che l’attacco era cominciato veramente. In casa non aveva provviste, ma quando è uscita per andare al supermercato ha trovato che fuori dai negozi c’erano già file enormi, di persone preoccupate di acquistare beni di prima necessità e cibo. Olesia non ha quindi atteso oltre e ha deciso di partire immediatamente, portando con sè il bambino e la madre. Ha pensato alle bombe, ha pensato che avrebbero avuto fame, e non avrebbero trovato da mangiare.

Il bambino non aveva alcuna idea del viaggio che avrebbe dovuto affrontare. Ha dovuto salutare il suo amato gatto, e lasciare indietro tutti i suoi giocattoli. Nei due giorni di viaggio fino al confine polacco, Alex ha potuto fare pipì solo in una bottiglia, e per la paura non voleva più scendere dall’auto. Durante il tragitto hanno visto carri armati arrivare a Kiev e Bucha dalla Bielorussia.

Una volta arrivati al confine, il fratello ha dovuto lasciarli, perché agli uomini non è possibile lasciare il paese (a meno che non abbiano tre o più figli) ma Olesia non sapeva guidare.

Ha cercato quindi di salire su uno dei pullman in partenza, e solo dopo suppliche e insistenze è riuscita a farsi prendere a bordo, dovendo poi viaggiare sempre sul predellino dell’autobus. In Polonia hanno trovato ospitalità in una scuola per bambini con problemi di udito, dove sono rimasti 4 giorni. Il padre di Alex ha poi comprato un biglietto aereo, ed è riuscito a farli arrivare a Ciampino, e di lì in Toscana.

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Accogliamo le persone in fuga dal 2011

Oxfam Italia lavora dal 2011 nell’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo e ha svolto un ruolo di primo piano direttamente e tramite i propri partner sia nella protezione, nell’accoglienza e nell’integrazione delle persone provenienti dal Mediterraneo sia nell’advocacy nazionale e a livello europeo per assicurare maggior protezione per i diritti delle persone in fuga e più elevati standard di accoglienza per chi è ospitato nel nostro paese. Adesso, in Toscana, stiamo garantendo assistenza legale, psicologica e orientamento ai servizi del territorio, a chi in Ucraina ha dovuto lasciare tutto.

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