5 Dicembre 2023

CLIMA: GLI “AIUTI” INDEBITANO I PAESI FRAGILI E DEVASTATI DALLA GUERRA

 
Cop 28 sul clima
 

Lo stanziamento globale delle risorse necessarie a contenere la crisi climatica e centrare l’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 °C (rispetto al periodo pre-industriale) è ancora del tutto insufficiente.

Un dato di fatto che risulta ancor più evidente se si guarda agli aiuti destinati ai Paesi più fragili e spesso attraversati da laceranti conflitti, che potrebbero ritrovarsi sempre più schiacciati dal peso del debito estero, dato che spesso gli aiuti vengono erogati in forma di prestiti, al punto da non avere le risorse necessarie a erogare i servizi essenziali minimi, come istruzione e sanità, ai propri cittadini.

Il nostro allarme in occasione della Cop28 di Dubai

Una situazione che abbiamo deciso di denunciare, con un nuovo rapporto, in occasione della Cop28 sul clima di Dubai. Il vertice annuale delle Nazioni Unite, in programma fino al 12 dicembre, che si pone l’obiettivo di affrontare le sfide sempre più evidenti legate alla crisi climatica.

Il dossier rivela come gli aiuti erogati dai Paesi ricchi a quelli più fragili o colpiti da conflitti tra il 2019 e il 2020 sono stati in media di appena 13,64 dollari all’anno per abitante. Cifra che paradossalmente crolla a 6,68 dollari a persona, se si guarda ai soli finanziamenti destinati ai Paesi dove i conflitti sono ancora in corso.

Milioni di persone nei Paesi in guerra sono indifesi di fronte ai disastri legati al clima

Questa carenza di aiuti lascia quindi milioni di persone già colpite dalla guerra, completamente indifese di fronte agli effetti di eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili.

Esistono infatti forti disparità sul livello di finanziamenti per il clima verso gli Stati considerati fragili o colpiti da conflitti: si va, ad esempio, dai 1.083 dollari all’anno per abitante delle isole Tuvalu, a 0,67 dollari per persona in Siria. Aiuti comunque che sono del tutto insufficienti anche se considerati complessivamente.

Il rapporto denuncia inoltre come oltre la metà dei finanziamenti verso questi Paesi siano stati erogati sotto forma di prestiti o altre forme di finanziamento a debito, con l’effetto di costringere Stati già poverissimi ad indebitarsi sempre più.

Basti pensare che nel 2022, ben 29 Paesi in queste condizioni sono stati classificati a rischio medio-alto di sofferenza debitoria. Nonostante ciò, quasi il 10% dei finanziamenti per il clima è arrivato sotto forma di prestiti non agevolati, ossia senza la concessione di condizioni preferenziali (come la previsione di tassi di interesse più bassi o di periodi più lunghi per i rimborsi). Solo poco più del 41% del totale è stato erogato sotto forma di prestiti agevolati.

È inaccettabile che Stati già devastati da conflitti debbano rimborsare i Paesi più ricchi per poter affrontare una crisi di cui non sono responsabili“,  sottolinea Safa Jayoussi, policy advisor di Oxfam per la giustizia climatica in Medio Oriente e Nord Africa

Un quarto dell’umanità vive in Paesi già nella morsa del debito

Oxfam stima che ben 2 miliardi di persone, un quarto dell’umanità, vivano in Paesi che non possono permettersi di contrarre ulteriori prestiti di fronte ai livelli di indebitamento esistenti.

L’unica soluzione sarebbe quella di tagliare la spesa pubblica, con conseguenze gravissime sui livelli di povertà. Situazione che già si sta verificando per metà (il 57%) dei Paesi più poveri del mondo, che contano 2,4 miliardi di persone, in cui nei prossimi 5 anni la spesa pubblica sarà tagliata per un totale di 229 miliardi di dollari.

Tutto questo avviene nonostante i Paesi più vulnerali ai cambiamenti climatici o attraversati da conflitti siano classificati come i meno preparati a rispondere ai disastri climatici. Il Burkina Faso ne è un esempio, in preda all’emergenza climatica e 2 milioni di abitanti in fuga da fame e guerra. 

E’ cruciale dar voce alle comunità locali

In occasione della Cop 28, Oxfam lancia perciò un appello urgente affinché gli aiuti per il clima a questi Paesi siano erogati sotto forma di sovvenzioni e non di prestiti, aumentando gli aiuti diretti ai Paesi in conflitto e alle organizzazioni locali.

“È ora di abbandonare i vecchi modelli di finanziamento che soddisfano le preferenze dei donatori per passare a soluzioni basate sui bisogni dei Paesi e delle comunità colpite. conclude Jayoussi – Dobbiamo inaugurare un nuovo corso in grado di rafforzare le comunità locali con finanziamenti sotto forma di sovvenzioni per assicurare cambiamenti sostenibili e a lungo termine”.

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