15 Gennaio 2024

Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi

 

Elevate e crescenti disuguaglianze rappresentano un tratto tristemente distintivo dell’epoca in cui viviamo. Le recenti gravi crisi hanno ampliato disparità e fratture sociali, inaugurando quello che non stentiamo a definire come il “decennio di grandi divari” con miliardi di persone costrette a vedere crescere le proprie fragilità e a sopportare il peso di epidemie, carovita, conflitti, eventi metereologici estremi sempre più frequenti e una manciata di super-ricchi che moltiplicano le proprie fortune a ritmi parossistici.

Quella che sembra la trama di un film distopico è la realtà che denunciamo nel nostro ultimo rapporto annuale, “Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi”, pubblicato in occasione del meeting annuale del World Economic Forum che si svolge a Davos dal 15 al 19 gennaio 2024.

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UN DECENNIO DI GRAVI DIVARI

Di seguito presentiamo i dati salienti della pubblicazione riferiti al contesto internazionale.

  • Oggi, i miliardari globali sono, in termini reali, più ricchi di 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020 e il valore dei loro patrimoni è cresciuto tre volte più velocemente del tasso di inflazione.
  • Dall’inizio della pandemia i 5 uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora, mentre la ricchezza aggregata di quasi 5 miliardi delle persone più povere non ha mostrato barlumi di crescita.
  • Ai ritmi attuali, nel giro di un decennio potremmo avere il primo trilionario della storia dell’umanità, ma ci vorranno oltre due secoli (230 anni) per porre fine alla povertà.
  • Tra le 10 società più grandi al mondo – colossi, il cui valore in borsa supera il prodotto interno lordo combinato di tutti i Paesi dell’Africa e dell’America Latina – 7 hanno un miliardario come amministratore delegato o azionista di riferimento. Non stupisce pertanto che l’incremento dei patrimoni dei miliardari rispecchi la straordinaria performance delle società che controllano.
  • Il 2023 è destinato, in particolare, ad essere ricordato come l’anno più redditizio di sempre per le grandi corporation. Complessivamente, 148 tra le più grandi aziende al mondo hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari tra giugno 2022 e giugno 2023 con un aumento del 52,5% degli utili rispetto alla media del quadriennio 2018-21. Per ogni 100 dollari di profitti generati da 96 tra i maggiori colossi globali, 82 dollari sono fluiti ai ricchi azionisti sotto forma di dividendi o riacquisti delle azioni proprie.

A non essere ricompensato adeguatamente è invece chi con il proprio duro lavoro, spesso precario e poco sicuro, contribuisce a rendere floride quelle stesse imprese.

CADUTA DEL POTERE D’ACQUISTO DEI LAVORATORI

L’analisi di Oxfam sui dati della World Benchmarking Alliance relativi a 1.600 tra le più grandi aziende del mondo rivela come solo lo 0,4% di esse si sia pubblicamente impegnato a corrispondere ai propri lavoratori un salario dignitoso e a supportarne l’introduzione lungo le proprie catene di valore.

Inoltre, mentre durante la fase più acuta della crisi inflattiva le imprese sono riuscite a tutelare i propri margini di profitto, ampi segmenti della forza lavoro hanno perso potere d’acquisto, collocandosi tra i perdenti del conflitto distributivo insito alla crisi del caro-prezzi.

Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione. Il relativo monte salari ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile (25 giorni) per ciascun lavoratore.

SFIDE ECONOMICHE E SOCIALI: FRUSTRAZIONE E PERDITA DI CONTROLLO NEL CUORE DELLE PREOCCUPAZIONI CITTADINE

I divari economici e sociali preoccupano i cittadini, alimentano un diffuso sentimento di frustrazione, impotenza e perdita di controllo sul proprio futuro.

Non c’è nulla di più erroneo, tuttavia, nel normalizzare le persistenti disparità e nel considerarle come un fenomeno casuale ed ineluttabile. Le disuguaglianze sono piuttosto il risultato di scelte (o, talvolta, non-scelte) della politica che hanno prodotto negli ultimi decenni profondi mutamenti nella distribuzione di risorse, dotazioni, opportunità e potere tra gli individui.

La dinamica del potere rappresenta, in particolare, la principale chiave narrativa del nostro rapporto.

A finire sotto i riflettori, nel contesto internazionale, è la dimensione economica del potere, la cui accresciuta concentrazione – sospinta dal rilassamento delle politiche di tutela della concorrenza e “agevolata” dalla finanziarizzazione dell’economia e dalla sempre più marcata presenza del settore privato nella sfera pubblica – ha incrementato le rendite di posizione, indebolito il potere contrattuale dei lavoratori, soprattutto quelli meno qualificati, e prodotto forti sperequazioni nei premi distribuiti dai mercati. Una redistribuzione alla “rovescia” con un trasferimento di risorse da lavoratori e consumatori a titolari e manager di grandi imprese monopolistiche con conseguente accumulazione di enormi fortune nelle mani di pochi.

LE GRANDI IMPRESE UTILIZZANO IL PROPRIO POTERE DI MERCATO AGENDO CON MODALITÀ CHE GENERANO E AUMENTANO ULTERIORMENTE LE DISUGUAGLIANZE

Come?

  • Ricompensando la ricchezza, non il lavoro. Le grandi corporation alimentano le disuguaglianze quando usano il proprio potere per comprimere i costi del lavoro e i diritti dei lavoratori. I bassi salari e il ricorso a forme contrattuali non standard fanno sì che, lungi dal ricavare benefici adeguati dalla ricchezza che contribuiscono a creare, molti lavoratori restino intrappolati nella spirale della povertà.
  • Eludendo i propri obblighi fiscali. La decennale riduzione delle imposte sui redditi delle società, la pianificazione fiscale aggressiva delle grandi corporation e il ricorso ai paradisi fiscali si sono tradotti in aliquote effettive del prelievo sulle multinazionali basse e talora prossime allo zero. I paesi di tutto il mondo si vedono così privati di migliaia di miliardi di dollari destinabili a politiche di riduzione della disuguaglianza e della povertà. Ogni dollaro eluso al fisco è un’infermiera che non verrà mai assunta o una scuola che non potrà essere costruita.
  • Beneficiando della privatizzazione dei servizi pubblici. In tutto il mondo, si registra da anni una crescente tendenza alla privatizzazione dei servizi pubblici, alla mercificazione di servizi di primaria importanza come l’acqua, l’istruzione, l’assistenza sanitaria ed un accesso ai servizi riservato solo a chi può permettersi di pagare. La privatizzazione funziona per i più ricchi che ne traggono ampi benefici economici e per coloro che dispongono di risorse sufficienti per pagare costosi servizi privati, impoverendo invece ed escludendo i più fragili dall’accesso all’assistenza sanitaria e a un’istruzione di qualità.
  • Alimentando la crisi climatica. Il potere economico sta contribuendo alla crisi climatica che a sua volta sta causando grandi sofferenze e esacerbando le disuguaglianze. La ricerca di profitti a breve termine da parte delle multinazionali ha portato il mondo sull’orlo del collasso climatico, mentre i combustibili fossili favoriscono la crescita delle fortune per molti tra i super-facoltosi. Se i ricchi e i paesi ricchi sono in molti modi responsabili della crisi climatica, sono però le persone nei paesi a basso reddito e coloro che vivono in povertà, ovunque nel mondo, a essere colpite più duramente.

CAMBIARE ROTTA È NECESSARIO

Garantire un futuro più equo e dignitoso per tutti è un imperativo etico. Il potere pubblico deve riacquistare centralità e i governi devono usare il proprio potere politico per promuovere società più eque e coese, investendo in beni e servizi pubblici di qualità accessibili a tutti, ridando potere, dignità e valore al lavoro, agendo sulla leva fiscale per appianare le disuguaglianze.

I governi devono parimenti ricondurre il potere economico a obiettivi che vadano a beneficio dell’intera collettività, spezzando i regimi monopolistici, tutelando la concorrenza, tassando di più la ricchezza e i profitti societari e incentivando modelli d’impresa più sostenibili, in grado di coniugare redditività e solidarietà.

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