26 Luglio 2023

I posti per i migranti ci sono, ma le leggi li hanno smantellati o li lasciano vuoti

 

Stiamo assistendo al compiersi di un disegno preciso sulla gestione dell’accoglienza dei migranti, inaugurato con i “Decreti Salvini” nel 2018, e ripreso questa primavera dal “Decreto Cutro”

di Giulia Capitani, Migration Policy Advisor di Oxfam Italia

In questi giorni, in molti territori, stiamo assistendo al compiersi di un disegno preciso, inaugurato con i “Decreti Salvini” nel 2018, e ripreso questa primavera dal “Decreto Cutro”. In seguito all’aumento degli sbarchi – oltre 50.000 persone in più rispetto allo stesso periodo del 2022 – sono comparsi molti titoli allarmistici sul fatto che “i posti per i migranti sono finiti”, e che “i territori sono completamente saturi”. È davvero così?

La crisi annunciata del sistema dei centri di accoglienza straordinaria

È un dato di fatto che le Prefetture non riescano a reperire posti nei centri di accoglienza straordinaria (CAS), da destinare ai richiedenti asilo.

In Toscana ad esempio, dove Oxfam lavora con diversi progetti e servizi, sono stimati circa 60-80 nuovi arrivi al giorno, con una previsione di oltre 3000 da qui a settembre. È di pochi giorni fa la notizia di due tende montate (e poi smantellate) negli spazi esterni di un CAS a Pelago, in provincia di Firenze, in mancanza di soluzioni alternative.

I prefetti, schiacciati dal gioco politico dell’amministrazione centrale e dall’ipertrofia ormai fuori controllo del sistema CAS, che da emergenziale è diventato negli anni strutturale e largamente predominante, dichiarano di non poter derogare alla norma nazionale, e fanno pressione sugli enti gestori perché partecipino ai bandi e attivino nuovi centri.  La narrazione del Governo e di un certo tipo di stampa accusa le cooperative che fanno accoglienza di essere responsabili della situazione, perché, non potendo più “lucrare” sui migranti, ora preferiscono fare altro.

Vediamo dunque quali sono i motivi per cui moltissimi enti gestori del Terzo Settore, tra cui Oxfam, da anni disertano i bandi prefettizi.

I bandi per l’accoglienza straordinaria dei migranti vanno deserti, perché sono contrari al lavoro sociale

Innanzitutto, questi bandi prevedono di fornire alle persone accolte solo il vitto, l’alloggio e la presenza di operatori con funzioni di guardiani.

Non è finanziato nessun tipo di servizio “aggiuntivo” (o forse meglio dire “essenziale”, visto che parliamo di persone). Per l’insegnamento dell’italiano, per l’assistenza psicologica, per la mediazione culturale e l’orientamento al territorio, per l’assistenza legale, in questi bandi non è previsto un solo euro. Tecnicamente, gestire un CAS è diventata un’esperienza non solo lontana dal lavoro sociale, ma ad esso sostanzialmente antitetica: le persone vengono “immagazzinate” in centri di diverse dimensioni, e lasciate ad aspettare un tempo indefinito, anche di anni. Persone a cui il nostro sistema sta facendo perdere il controllo della propria vita.

Questo dunque è il primo motivo: noi crediamo davvero nel lavoro sociale e nell’impatto positivo che può avere sulla collettività tutta, tanto da farne la nostra professione. Il nostro obiettivo non è assistere alla deriva delle vite delle persone che accogliamo, ma supportarle in un percorso di autonomia e di futura cittadinanza. Se non siamo messi nelle condizioni di farlo, dobbiamo prenderne atto. Non a caso molti degli enti del Terzo Settore che continuano a gestire strutture di questo tipo aggiungono risorse proprie per sopperire a quanto il Ministero non eroga più, mettendo a disposizione operatori sociali in realtà già impegnati in altri progetti, utilizzando personale volontario.

Nonostante gli effetti dell’inflazione, nessun adeguamento delle tariffe per sostenere accoglienza e integrazione

Inoltre, c’è una dirimente questione di sostenibilità economica. Perché il fatto di essere operatori sociali non cancella la nostra natura di soggetti economici con precise responsabilità imprenditoriali. La narrazione dominante da anni cerca di farci vergognare di questo, suggerendo che l’accoglienza dei migranti la facciamo solo per soldi. Ma occuparsi con competenza dell’integrazione dei richiedenti asilo è un lavoro, peraltro complesso e faticoso, e come tale va retribuito.

Peccato che le tariffe pro capite/pro die previste non siano bilanciate sui costi reali. Le gare prefettizie non prevedono adeguamenti tariffari, compreso l’aggiornamento ISTAT.

Tutto è rimasto uguale a fronte dell’aumento esponenziale, che ha colpito il nostro settore come gli altri, dei prezzi dell’energia e del costo degli immobili, e degli effetti dell’inflazione sull’acquisto di beni di consumo (generi alimentari, detersivi, prodotti per l’igiene personale) e servizi di manutenzione e gestione dei centri dove sono accolti i migranti. Inoltre il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale delle Cooperative Sociali, previsto per la fine dell’estate, in mancanza di adeguamento dei contratti in essere rischia di avere un impatto disastroso sulle associazioni, che vedranno aumentato il costo del lavoro dell’8-10%.

I posti liberi per i migranti nei centri di accoglienza SAI gestiti dai Comuni, non possono essere usati per i nuovi arrivi

L’ultimo tassello di un quadro privo di ogni logica è la disponibilità invece di numerosi posti vacanti nelle strutture del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), a gestione diretta dei Comuni. Solo in Toscana, ad esempio, stimiamo che siano circa duecento.

Questi posti però non possono essere assegnati ai migranti arrivati da poco in Italia, perché la legge impedisce ai richiedenti asilo di accedere al SAI, riservato ai titolari di protezione o a persone portatrici di vulnerabilità (che però vanno identificata e prese in carico, e il processo per farlo è lungo e frammentato).

In alcuni territori la soluzione trovata, che ci allarma enormemente, sembra essere quella di trasferire dai CAS ai SAI i profughi ucraini, per liberare posti nel sistema prefettizio. Ma questo comporterà l’obbligo per loro di trasferirsi in altri territori, magari anche in altre regioni.

Come faranno allora i tantissimi bambini e adolescenti iscritti a scuola, le loro madri che nel frattempo hanno trovato lavoro? Quello che ci aspettiamo è che molte famiglie ucraine rifiuteranno il trasferimento, perdendo nel giro di pochi giorni il diritto a restare nei centri di accoglienza straordinaria. Vedremo a quel punto se e quali enti gestori li metteranno fisicamente per la strada.

Creare caos, ottenere consenso

Alcuni prefetti, dietro l’insistenza della società civile organizzata e di altre istituzioni locali si stanno muovendo verso un parziale adeguamento dei costi, altri hanno chiesto incontri con i funzionari del Viminale. Ma la situazione al momento resta bloccata, secondo il disegno politico di cui parlavamo all’inizio: molti professionisti del lavoro sociale disertano i bandi, cominciano a sorgere centri temporanei fatti di tende o prefabbricati gestiti da operatori economici di ambigua natura, le stazioni si affollano di migranti che non sanno dove andare, i cittadini si spaventano e aumentano la loro domanda di controllo del territorio.

Appoggiando la visione delle attuali forze politiche di Governo che negli anni hanno creato tutto questo, promuovendo l’idea che l’accoglienza, nel migliore dei casi, cominci e finisca con la distribuzione di vaschette di cibo sottovuoto e lenzuola di plastica.

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