27 Ottobre 2010

Più potere alle donne contro la fame nel mondo

 
Nuzhat Ansari, mantiene la sua famiglia e vuole che le sia riconosciuto questo ruolo. India, Credits: Oxfam GB
Nuzat Ansari, l'unica a lavorare in famiglia

Mary Robinson, Presidentessa della Repubblica irlandese dal 1990 al 1997 edal 1997 al 2002 Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, argomenta l’importanza di conferire più potere alle donne per garantire la sicurezza alimentare, in quanto principali responsabili della produzione del cibo e dell’approvvigionamento  dell’acqua e del combustibile per cucinare.


“Secondo recenti rapporti dell’Onu, il numero totale degli affamati nel mondo è sceso per la prima volta in 15 anni. È un fatto incoraggiante, ma non può essere motivo di festeggiamento. Nella Giornata Mondiale per l’Alimentazione, quasi un miliardo di persone continua a soffrire la fame e non ha accesso a risorse alimentari adeguate. Viviamo in un mondo dove si produce abbastanza cibo per tutti. Ma ogni 5 secondi un bambino muore, direttamente o indirettamente, a causa della fame. In Africa, 239 milioni di persone sono vittime della fame. A questi numeri sconcertanti, si aggiunge quello di oltre 2 miliardi di persone sul pianeta che soffrono della cosiddetta “fame nascosta”, o carenza di micronutrienti – evidente nei bambini che non raggiungono uno sviluppo normale e che va scapito delle loro capacità fisiche e intellettive.


Purtroppo i problemi non finiscono qui. Il mancato accesso alle risorse idriche, il crescente impatto dei cambiamenti climatici, la crisi dei mercati locali e nazionali, le infrastrutture inadeguate, le politiche nazionali fragili, unitamente alla mancanza di responsabilità politica e di interventi da parte della comunità internazionale, acuiscono la crisi alimentare su scala mondiale.

Non si può cancellare la fame dalla faccia della terra in un’unica mossa. Tuttavia, come ha sottolineato Oxfam in un rapporto pubblicato in occasione del vertice di New York sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sappiamo cosa funziona e cosa deve essere ancora fatto per affrontare questo problema. Sono di vitale importanza le politiche e i programmi che incrementano gli investimenti dei paesi poveri in settori chiave come l’agricoltura. E altrettanto importante è un impegno, sia da parte dei paesi ricchi che di quelli poveri, per aumentare di 75 miliardi di dollari l’anno gli investimenti da destinare allo sviluppo rurale, alla sicurezza alimentare, alla protezione sociale, all’assistenza alimentare e ai programmi di nutrizione.

Allo stesso modo, garantire la sicurezza alimentare richiede maggiori sforzi perché sia conferito più potere alle donne. Nell’Africa subsahariana e in altre regioni, le principali responsabili della produzione del cibo e dell’approvvigionamento dell’acqua e del combustile per cucinare sono le donne. Spesso però sono anche i soggetti più deboli e i loro diritti sono il più delle volte negati, con conseguenze negative sui livelli di nutrizione, per non parlare della qualità complessiva delle condizioni di vita.


La domanda che dobbiamo porci ora è: faremo il necessario per combattere la fame? L’Italia ha un ruolo fondamentale nella riduzione dell’insicurezza alimentare, in qualità di paese membro del G8 e del G20 e dei suoi forti legami con i paesi del Sud del mondo. Inoltre, Roma è la sede delle tre principali agenzie delle Nazioni Unite per l’alimentazione. L’Italia vanta una società civile attiva che svolge un ruolo importante nel sollecitare il governo affinché renda conto del proprio operato. L’opinione pubblica italiana ha dimostrato di essere a favore della distribuzione di aiuti ben gestiti ai paesi poveri: un recente sondaggio ha reso noto che il 70% degli italiani vuole che il governo rispetti le promesse sugli aiuti. Ma non sempre le richieste dell’opinione pubblica italiana hanno ricevuto risposta da parte dei leader politici.

Basta prendere come esempio l’Iniziativa sulla sicurezza alimentare de L’Aquila, promossa in occasione del G8 del 2009. L’impegno preso dai paesi più ricchi per affrontare la crisi alimentare e contrastare la fame è stato un segnale incoraggiante di volontà politica. Tuttavia, a un anno di distanza a quell’impegno non è ancora corrisposta un’azione decisa da parte del governo italiano e delle altre nazioni del G8. Manca ancora una risposta coerente e coordinata a livello globale. L’iniziativa de L’Aquila ha portato all’elaborazione dei Princìpi di Roma per una sicurezza alimentare mondiale sostenibile, concordati lo scorso mese di novembre per promuovere una leadership nazionale, un coordinamento e finanziamenti prevedibili. Ad ogni modo, questi Princìpi risultano di difficile attuazione e i donatori sembrano ancora rifiutarsi di abbandonare l’approccio ormai obsoleto basato sui progetti. Sappiamo che possiamo fare progressi con strategie adeguate. Alcuni paesi hanno raggiunto risultati significativi nella riduzione della fame combinando politiche efficaci e investimenti. Come sottolineato da Oxfam, i paesi poveri devono adottare politiche e programmi che facciano aumentare i loro investimenti pubblici in settori chiave, inclusa l’agricoltura. I governi devono assolvere l’obbligo legale di garantire ai loro cittadini il diritto al cibo e alla sussistenza sostenibile. Ma non possono farlo da soli. I donatori devono farsi avanti e fornire un sostegno ai paesi poveri, che permetta il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio entro il 2015.

Mary Robinson per Oxfam Italia

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