24 Gennaio 2024

A Gaza i bambini nascono già orfani

 

Nel cuore della Striscia di Gaza, *Ammar è stato costretto ad abbandonare la sua casa a causa del conflitto. Gli ultimi tre mesi della sua vita sono stati segnati dalla tragica perdita del fratello, un medico che ha perso la vita mentre operava all’interno di un ospedale.

Oggi, Ammar lotta per sopravvivere in una tenda nel campo per rifugiati ad Al-Mawasi, dove centinaia di migliaia di persone condividono la stessa tragica quotidianità. Con lui ci sono anche la cognata, vedova del fratello, e il suo bambino, nato già orfano.

‘’Mio nipote è nato orfano e non avrà mai la possibilità di conoscere suo padre.’’

IL CAMPO DI AL-MAWASI, TRA FAME E MALATTIE

Dopo essersi salvati per miracolo, Ammar e la sua famiglia si sono spostati a Sud, come centinaia di migliaia di persone, seguendo le indicazioni dell’esercito israeliano che ha indicato Al-Mawasi come zona sicura. Ma quando sono arrivati, il rifugio era sovraffollato.

Non c’era spazio, le famiglie appena arrivate non potevano registrarsi. Così, come noi, la maggior parte delle persone si sono accampate fuori dal rifugio.’’ racconta Ammar.

La situazione umanitaria degli sfollati è gravissima, specialmente dal punto di vista igienico sanitario. Ogni giorno 2.000 persone sono costrette a condividere una singola doccia, mentre ogni latrina, deve soddisfare le esigenze di ben 400 persone.

‘’Sia dentro che fuori le condizioni di vita sono disumane. È ripugnante. Nessun tipo di igiene. Nessun servizio. Nessun aiuto.

L’esposizione costante al freddo e alle intemperie è ulteriormente aggravata dal malfunzionamento delle tubature, che riversano pericolosi liquami nell’ambiente circostante.

La situazione allarmante è riflessa anche nei dati sanitari, con i casi di dissenteria che si manifestano in misura 40 volte superiore alla norma, colpendo persone già debilitate e gravemente disidratate.

In questo contesto, gli sfollati affrontano sfide quotidiane che mettono a dura prova la loro resistenza e richiamano l’attenzione sulla necessità urgente di interventi umanitari:

Durante le prime due settimane, tutti i membri della mia famiglia si sono ammalati. Influenza gastrointestinale e dissenteria. Le persone si ammalano a causa delle cattive condizioni igieniche e della bassa qualità del cibo e dell’acqua potabile.’’ conferma Ammar.

Ammar mentre stende gli abiti del nipote accanto alla loro tenda. Foto: Alef Multimedia/ Oxfam
Ammar mentre stende gli abiti del nipote accanto alla loro tenda. Foto: Alef Multimedia/ Oxfam

LA FAME È UNA MINACCIA AL PARI DELLE BOMBE

A soli 12 giorni dalla fine della pausa umanitaria del 1° dicembre, il numero delle persone che soffrono gravemente la fame è passato dal 38% al 56%.

‘’Non ci sono persone povere o ricche qui nel campo. Tutti sono affamati, non c’è letteralmente nulla da mangiare. Conosco alcune persone che erano considerate ricche [prima del conflitto]. Adesso stanno in fila due ore solo per farsi la doccia. Non hanno nemmeno cibo per sfamare i loro bambini’.’’

Le bambine di Ammar giocano vicino alla tenda che fa loro da casa. Foto: Alef Multimedia/ Oxfam
Le bambine di Ammar giocano vicino alla tenda che fa loro da casa. Foto: Alef Multimedia/ Oxfam

Tra i 24.000 civili palestinesi uccisi durante il conflitto, il 70% sono donne e bambini. Molti di loro nascono già orfani, come il nipote di Ammar, e soffrono privazioni incompatibili con la vita di un neonato.

Ammar racconta: “(Pochi giorni fa) mio nipote piangeva perché aveva fame, volevamo accendere il fuoco per scaldare un po’ di latte per lui ma avevamo finito sia la legna che l’acqua. […] Ti senti impotente, è veramente difficile. Da adulti, possiamo affrontare e adattarci a queste situazioni. […] Ma quando vedi le lacrime negli occhi di un bambino, ti senti debole.

A GAZA NON ESISTONO LUOGHI SICURI

Ammar, insieme a tutti gli sfollati, vive in uno stato di angoscia costante, poiché attualmente non esistono luoghi sicuri per i civili nella straziante realtà di Gaza.

Quando siamo dentro alle tende, possiamo sentire i proiettili che sfrecciano sopra di noi. […] Così continuiamo a pensare, se lasciassimo Al-Mawasi e andassimo a Rafah, saremmo al sicuro lì? O è solo una bugia, e non ci sono posti sicuri a Gaza?’’

UNISCITI A NOI

Il nostro lavoro a fianco della popolazione palestinese prosegue senza sosta, ma solo un cessate il fuoco duraturo potrà garantire l’ingresso di aiuti vitali alla loro sopravvivenza.

È una nostra responsabilità collettiva fermare questa tragedia: bambini, donne, uomini inermi non possono più aspettare. Unisciti a migliaia di persone per chiedere il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e in Israele.

Firma e condividi la petizione per chiedere la protezione dei civili ORA

*Il nome è stato cambiato per proteggere l’incolumità della persona.

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