11 Dicembre 2020

Yemen: 2600 vittime civili dalla firma degli accordi di di Stoccolma

 

A Taiz e Hodeidah, il principale porto dello Yemen, uomini, donne e bambini continuano a morire sotto le bombe. Il 30% dei 22 mila raid aerei della coalizione saudita dall’inizio del conflitto hanno colpito obiettivi civili in tutto il paese.

Milioni di persone sono sull’orlo della carestia mentre colera e Covid mietono vittime in assenza di strutture sanitarie: 20 milioni di yemeniti che non hanno accesso a cure di base. Le testimonianze dei sopravvissuti agli scontri di Taiz nelle ultime settimane.

A 2 anni dagli accordi di "pace" di Stoccolma, la popolazione dello Yemen continua a morire sotto le bombe: il 30% dei raid aerei della coalizione saudita dall’inizio del conflitto hanno colpito obiettivi civili.

A Taiz e Hodeidah – principale porto dello Yemen – ogni giorno 4 persone inermi vengono ferite o uccise. È il drammatico bilancio a due anni dagli accordi di pace di Stoccolma, firmati il 13 dicembre 2018, che avrebbero dovuto alleviare le sofferenze di un paese duramente colpito dalla guerra.

L’allarme diffuso oggi da Oxfam rivolge un appello urgente alla comunità internazionale per un immediato cessate il fuoco che consenta alle organizzazioni umanitarie di soccorrere la popolazione stremata da carestia, colera e ora pandemia da coronavirus, del tutto fuori controllo con la metà delle strutture sanitarie distrutte da quasi 6 anni di conflitto.

Dalla firma degli accordi di Stoccolma, sono stati colpiti oltre 2.600 civili nei due governatorati. Nonostante qualche timido progresso nel dialogo tra le parti in conflitto, ossia gli Huthi e il governo internazionalmente riconosciuto sostenuto dalla coalizione a guida saudita, siamo ancora molto lontani da una soluzione che porti alla pace. Una situazione drammatica di cui fa le spese per prima una popolazione stremata da un conflitto che ha già causato oltre 100 mila vittime di cui 12 mila civili, con le organizzazioni umanitarie che devono affrontare enormi difficoltà per portare aiuti.

L’escalation del conflitto a Hodeidah rischia di portare alla carestia milioni di persone in Yemen

L’escalation degli scontri da ottobre a Hodeidah minaccia la sopravvivenza di oltre 24 milioni di persone che dipendono dagli aiuti umanitari in tutto lo Yemen, visto che da qui transitano l’80% del cibo, delle medicine e del carburante che entrano nel paese.

A causa degli scontri centinaia di famiglie sono state costrette ad abbandonare le loro case nelle ultime settimane, mentre in città le forniture d’acqua sono state tagliate per far spazio alle trincee. La popolazione sta letteralmente restando senza acqua e cibo e le organizzazioni umanitarie non possono soccorrerle a causa dei blocchi alla circolazione imposti dalle parti in conflitto. Una situazione che potrebbe significare carestia per altri milioni di persone, in un paese in cui già in 7 milioni e mezzo, tra cui 1,2 milioni di bambini, soffrono la fame.

Le testimonianze dei sopravvissuti agli scontri delle ultime settimane a Taiz. Appello urgente alla comunità internazionale per un immediato cessate il fuoco.

A 2 anni dagli accordi di "pace" di Stoccolma, la popolazione dello Yemen continua a morire sotto le bombe: il 30% dei raid aerei della coalizione saudita dall’inizio del conflitto hanno colpito obiettivi civili.
Jamila è stata curata per un cancro al seno e ora ha bisogno di un’operazione al cuore che non può permettersi – Crediti Omar Algunaid-Oxfam

Ci sono pochi altri luoghi in Yemen in cui il conflitto ha distrutto così tante vite come a Taiz, dove si sono raggiunti livelli di violenza mai visti prima. Una città sotto assedio, dove la guerra continua a costringere alla fuga dalla morte, che può arrivare dal cielo o via terra. Basti pensare che dall’inizio del conflitto oltre il 30% dei circa 22 mila raid aerei della coalizione saudita hanno colpito obiettivi civili in tutto il paese, mentre solo Taiz è stata colpita da oltre 2.200 bombardamenti di cui più del 70% diretti ad obiettivi non militari.

Mohammed (nome di fantasia) vedovo, ha 50 anni ed è scappato ad inizio novembre da Taiz. Sua figlia ha visto morire suo marito sotto le bombe. Così quando gli scontri si sono intensificati di nuovo ha deciso di fuggire assieme ai suoi 4 figli e ai nipoti tra cui il più piccolo di appena 6 mesi, in un campo profughi temporaneo allestito dentro una scuola nel distretto di Ash Shamayteen.

“Abbiamo trovato rifugio nella tenda di un’altra famiglia, ma adesso siamo in 10 a dover dormire tutti insieme, costretti a sopravvivere senza cibo, acqua, servizi igienici.– racconta – Presto dovremo andarcene di nuovo, anche se non sappiamo dove. Avevo un lavoro a Taiz che ho perso e se adesso, come dicono, sposteranno il campo lontano dal mercato, non avremo più nemmeno la possibilità di poter elemosinare qualche avanzo di cibo”.

“Spesso io e mio marito andiamo avanti per giorni e giorni solo con po’ di pane e acqua per provare a comprare le medicine di cui ho bisogno, che il più delle volte non si trovano”, aggiunge Jamila (nome di fantasia), a cui è stato diagnosticato un cancro al seno prima dello scoppio della guerra nel 2015. Lei come milioni di suoi connazionali deve fare i conti con un sistema sanitario al collasso, che adesso deve fare i conti anche con la pandemia da Covid, senza nessuno strumento per affrontarla.

Appello urgente alla comunità internazionale per un immediato cessate il fuoco. L’Italia rinnovi e ampli in Parlamento lo stop all’export di armi verso tutta la coalizione saudita in scadenza a gennaio.

In tutto lo Yemen ci sono già oltre 4 milioni di sfollati e oltre 20 milioni di persone non hanno accesso a cure di base, mentre le grandi potenze mondiale continuano a trarre profitto dalla vendita di armi alle parti in conflitto. Nemmeno l’appello per un cessate il fuoco globale lanciato dalle Nazioni Unite ha sortito nessun effetto in Yemen. Rilanciamo perciò un appello urgente, perché tutto questo finisca al più presto e si arrivi ad un immediato cessate il fuoco tra le parti, prima che il paese piombi in una catastrofe umanitaria da cui non potrà rialzarsi.

Anche l’Italia può fare di più. Innanzi tutto aumentando gli sforzi diplomatici per arrivare ad una soluzione politica della crisi e aumentando i fondi per la risposta umanitaria fermi a poco più di 5 milioni l’anno. È inoltre fondamentale – visto che la sospensione all’export votata nel giugno 2019 scadrà a gennaio 2021- che il Parlamento rinnovi lo stop alla vendita di armamenti questa volta verso però tutti i paesi della coalizione saudita, senza fermarsi solamente a bombe e missili.

Si può sostenere l’appello rilanciato da Oxfam per un cessate il fuoco globale, firmando su https://www.oxfamitalia.org/cessate-fuoco-globale/

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