24 Ottobre 2022

DISASTRI CLIMATICI: COLPITE 189 MILIONI DI PERSONE ALL’ANNO

 

Disastri climatici

Succede nei paesi poveri, che pagano il prezzo più alto della crisi climatica, mentre aumentano le emissioni inquinanti

Nella prima metà del 2022 i profitti realizzati da 6 delle “Big” dei combustibili fossili superano il costo degli eventi climatici estremi nei Paesi in via di sviluppo

In media ogni anno 189 milioni di persone vengono colpite da eventi climatici estremi nei Paesi in via di sviluppo. Un trend che non si interrompe da quando, nel 1991, si è iniziato a misurare i costi del cambiamento climatico per i Paesi a basso reddito.

È l’allarme lanciato oggi in un nuovo rapporto diffuso dalla Loss and Damage Collaboration, di cui Oxfam fa parte assieme ad oltre 100 ricercatori, attivisti e decisori politici da tutto il mondo. Un dossier che, a poche settimane dall’inizio della Cop 27, denuncia come i Paesi ricchi si siano ripetutamente opposti a qualsiasi tentativo di finanziare la risposta alla crisi climatica nei Paesi poveri, responsabili solo in minima parte dell’attuale emergenza.

In 20 anni il comparto fossile ha realizzato profitti stratosferici

Bastano alcuni dati per restituire la fotografia di quanto disuguaglianza e crisi climatica procedano di pari passo. Solo nella prima metà del 2022, sei tra i più grandi attori dell’industria mondiale dei combustili fossili (BP, Shell, Chevron, Exxon Mobil, Total e Eni) hanno realizzato profitti superiori per 70 miliardi di dollari al costo associato ai disastri climatici, che hanno colpito i Paesi in via di sviluppo nei primi sei mesi dell’anno.  Complessivamente, 55 tra i Paesi più poveri al mondo hanno subito perdite economiche da eventi climatici estremi per 500 miliardi di dollari nei primi 20 anni del secolo.

“Mentre i profitti per chi vende energia da combustibili fossili sono aumentati vertiginosamente da anni, milioni di persone che vivono nei luoghi più disagiati del pianeta pagano un conto salatissimo al cambiamento climatico – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam ItaliaIl comparto fossile ha realizzato profitti stratosferici tra il 2000 e 2019: un ammontare che supera di quasi 60 volte il costo della crisi climatica nei 55 Paesi più vulnerabili analizzati”.

Il 97% delle persone colpite da disastri climatici vive nei Paesi in via di sviluppo

Secondo le stime riportate nel report, il 79% delle vittime registrate e il 97% delle persone colpite da eventi climatici estremi dal 1991 viveva nei Paesi in via di sviluppo. II numero di disastri climatici nelle aree più povere del pianeta è più che raddoppiato nello stesso periodo causando oltre 676 mila vittime.

L’Africa – secondo i dati dell’African Development Bank – sta perdendo tra il 5 e il 15% di Pil pro-capite all’anno a causa dei cambiamenti climatici, pur essendo responsabile di meno del 4% delle emissioni inquinanti a livello globale.

Caos climatico in Pakistan e Africa orientale

Le catastrofiche inondazioni di quest’anno in Pakistan hanno colpito direttamente almeno 33 milioni di persone. Con costi stimati in oltre 30 miliardi di dollari. Eppure l’appello umanitario delle Nazioni Unite per le alluvioni è stimato in appena 472,3 milioni di dollari (poco più dell’1% del necessario). Ed è stato finanziato solo per il 19%. Una risposta del tutto insufficiente per aiutare milioni di persone che hanno perso i loro mezzi di sostentamento. Oggi stretti nella morsa di fame, malattie, e delle conseguenze psicologiche del disastro. Il Pakistan sarà costretto a richiedere un altro prestito al FMI per riprendersi dalle inondazioni dovute alla crisi climatica. Con l’istituzione di un fondo ad hoc per il finanziamento delle perdite e dei danni, risorse nuove e addizionali potrebbero arrivare sotto forma di sovvenzioni. Così da poter garantire che il Paese non sia gravato da nuovo debito all’indomani di un disastro causato dal clima.

Allo stesso tempo, in Africa orientale a causa della terrificante siccità che ha colpito l’area,1 persona ogni 36 secondi potrebbe  morire di fame nei prossimi mesi. Il numero di persone che soffrono la fame è infatti già oltre quello registrato nel corso della carestia del 2011. Quando morirono oltre 250 mila persone. Anche qui però l’appello delle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza innescata dalla crisi climatica è al momento sotto finanziato per oltre 3 miliardi di dollari.

Alla Cop 27 necessario un accordo sui finanziamenti necessari a fronteggiare le perdite causate dalla crisi climatica

“Non siamo di fronte ad uno scenario futuro, ma ad una catastrofe umanitaria che si sta consumando in questo momento. – aggiunge Petrelli – Il tema dei finanziamenti necessari ad affrontare il costo dell’impatto sempre più distruttivo del cambiamento climatico – che non riesce ad essere scongiurato dalle politiche di mitigazione e adattamento adottate sino ad oggi – è destinato ad essere al centro della prossima Cop27 che si terrà a novembre a Sharm El-Sheikh in Egitto. Alla conferenza i Paesi in via di sviluppo chiederanno di agire dopo decenni di ritardi, rinvii e promesse non mantenute. Ci uniamo a questo appello perché senza un’azione immediata ed efficace ancora tantissime vite andranno perse. Non è troppo tardi. Il vertice inizierà tra sole due settimane e sarà necessario trovare un accordo sui finanziamenti per far fronte alle perdite e ai danni causati dalla crisi climatica. Dobbiamo recuperare l’enorme ritardo accumulato e non perdere l’occasione”.

Alla COP26 dello scorso anno, i Paesi in via di sviluppo erano uniti nel chiedere l’istituzione di un fondo ad hoc per il finanziamento delle perdite e dei danni. Con l’obiettivo di garantire un approccio globale all’impatto della crisi climatica. Tuttavia i Paesi ricchi hanno respinto la proposta a favore di un dialogo triennale privo di obiettivi tangibili. Una scelta compiuta senza tener conto che ogni lieve aumento delle temperature globali comporterà ulteriori catastrofi climatiche. Con un conto in termini di perdite stimato tra i 290 e i 580 miliardi di dollari entro il 2030 per i Paesi in via di sviluppo. Nel calcolo non sono per altro incluse le perdite e i danni non economici, come l’impatto psicologico sulla popolazione o la perdita di biodiversità. Gravissimi ma non completamente traducibili in termini monetari.

“Senza un immediato cambio di rotta, non si potrà evitare un aumento di 2,7°C delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali. Questo avrà effetti ancor più devastanti”, conclude Petrelli.

 

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