Roma, 1 maggio 2025 – A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati (AD) d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli AD.
A rivelarlo è una nuova analisi di Oxfam diffusa in occasione della Festa Internazionale dei Lavoratori del primo maggio. Una ricerca che ha preso in esame le retribuzioni annue totali (comprensive di compensi corrisposti a titolo di bonus e stock option) degli amministratori delegati di quasi 2.000 imprese in 35 Paesi, tra cui l’Italia, che l’anno scorso hanno percepito emolumenti superiori a 1 milione di dollari.
Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che:
“Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli AD crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali. – spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia – La dinamica appare ancor più incresciosa in un periodo di elevata inflazione, come il biennio 2022-23 che ci siamo lasciati alle spalle, in cui il potere d’acquisto delle retribuzioni si è drasticamente ridotto per milioni di lavoratori a basso salario, che hanno faticato a sostenere le spese per l’affitto, il cibo e l’assistenza sanitaria”.
Il 2024 si è caratterizzato, su scala globale, per un processo di disinflazione pronunciato e una dinamica salariale positiva con una crescita annua del salario medio reale del 2,7% secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). Tuttavia molti lavoratori, già soggetti a un’accentuata perdita cumulata di salario reale tra il 2019 e il 2023, hanno continuato a vedere le proprie retribuzioni stagnare. É il caso di Paesi come la Francia, il Sudafrica e la Spagna, in cui i salari reali sono cresciuti in media di appena lo 0,6% tra il 2023 e il 2024.
L’impennata inflazionistica è oggi sostituita da una nuova minaccia: i dazi statunitensi.
“Ci sono rischi significativi per i lavoratori di tutto il mondo. – aggiunge Maslennikov – Potremmo assistere infatti ad un consistente calo occupazionale e a un aumento del costo dei beni di prima necessità, forieri di un potenziale aumento delle disuguaglianze in molti Paesi”.
L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%.
Le lavoratrici occupate in tali imprese continuano tuttavia a svolgere l’attività lavorativa come se, in media, non venissero retribuite per un giorno alla settimana, mentre i loro colleghi maschi vengono pagati per l’intera settimana. Le imprese giapponesi e sudcoreane riportavano nel 2023 valori più elevati del divario retributivo di genere a livello aziendale (circa il 40%). Nelle imprese dell’America Latina il gap si attestava, in media, al 36%, in aumento rispetto al 34% dell’anno precedente. Le aziende in Canada, Danimarca, Irlanda e Regno Unito registravano invece divari retributivi medi più contenuti (circa il 16%).
L’analisi di Oxfam ha inoltre rilevato come tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio AD, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale.
Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali, l’Italia è caratterizzata da un andamento negativo di lungo corso che colloca il nostro Paese nelle ultime posizioni, tra le economie avanzate. Dopo il biennio di alta inflazione (2022-2023), il 2024 ha visto i salari reali italiani tornare a crescere (+2,3% su base annua), secondo le ultime stime dell’OIL.
Un incremento insufficiente tuttavia a colmare la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni, ampiamente eroso negli anni passati: il salario medio reale si è infatti contratto in Italia dell’8,7% tra il 2008 e il 2024.
Se, anziché ricorrere agli indici generali dell’inflazione, si facesse riferimento alla variazione dei prezzi del carrello della spesa (come approssimazione dei beni maggiormente consumati dai lavoratori con basse retribuzioni), il salario lordo nazionale registrerebbe, in media, una perdita cumulata di circa il 15% nel solo quadriennio 2019-2023 e la dinamica positiva del 2024 non rappresenterebbe che un placebo per i lavoratori con le retribuzioni più basse.
La questione salariale fa da potente contraltare alla dinamica occupazionale positiva, in atto dalla fase di ripresa post-pandemica in Italia.
La moderazione salariale di lungo corso, le elevate e crescenti disuguaglianze retributive e le ampie sacche di lavoro povero chiamano in causa la struttura dell’economia nazionale, la performance degli istituti del mercato del lavoro italiano che regolano le retribuzioni e le scelte in materia di politiche del lavoro degli ultimi decenni. Problemi a cui il Governo Meloni non sembra voler rispondere.
“Fino ad oggi, nell’azione del Governo è del tutto assente una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, che scommetta su innovazione, transizione verde e formazione, senza lasciare indietro nessuno. – conclude Maslennikov – Il Governo stenta a intervenire sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari e ha affossato il salario minimo legale che rappresenta una tutela essenziale per i lavoratori più fragili. L’ulteriore spinta alla liberalizzazione del lavoro a termine, stagionale e in somministrazione rischia inoltre di accentuare la precarietà lavorativa e ampliare le file dei working poor. Tra inazione e scelte discutibili, il Governo sta nei fatti contribuendo a rendere sempre più sbiadito il dettato costituzionale, che considera il lavoro come base per la dignità e la libertà dei cittadini e gli assegna la fondamentale funzione di concorrere al progresso materiale e spirituale della nostra società”.
Ufficio stampa Oxfam Italia
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