23 Aprile 2025

A GAZA UN INCUBO SENZA FINE, IN MEZZO MILIONE IN FUGA DAI BOMBARDAMENTI

 

A Gaza, Ahlam vuole ricostruire il suo negozio distrutto dai bombardamenti di maggio

Dal 18 marzo gli ordini di evacuazione imposti da Israele hanno riguardato il 70% della Striscia, mentre prosegue la carneficina di civili inermi.

L’assedio su Gaza sta rendendo impossibile soccorrere la popolazione: da oltre 7 settimane non entrano più aiuti e le scorte si stanno esaurendo, a Gaza City non c’è quasi più acqua per gli sfollati. Le testimonianze degli operatori di Oxfam.

Appello urgente per l’ingresso delle forniture necessarie a soccorrere la popolazione e per un immediato cessate il fuoco.

Roma, 23 marzo 2025 – A oltre 7 settimane dall’inizio del nuovo assedio imposto da Israele, Gaza sta vivendo un incubo, di cui non si intravede la fine: le scorte di aiuti e beni di prima necessità sono quasi del tutto esaurite, mentre oltre mezzo milione di persone sono in fuga dai bombardamenti verso aree della Striscia insicure e del tutto inadatte ad accoglierli.

È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, di fronte ad uno dei momenti più drammatici dall’inizio del conflitto.

“In questo momento la popolazione di Gaza è terrorizzata e non sa più dove poter fuggire per mettersi in salvo. – ha detto Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Dalla ripresa degli attacchi israeliani, lo scorso 18 marzo, ormai il 70% della Striscia è sottoposta a ordini di sfollamento o è stata resa inaccessibile (le “no go areas”) dalle forze israeliane. Una situazione che sta costringendo centinaia di migliaia di persone, a rifugiarsi in aree prive di qualsiasi servizio essenziale e dove comunque non saranno al sicuro”.

DAL 2 MARZO NON ENTRANO PIU’ AIUTI

A questo si aggiunge l’esaurimento delle scorte di aiuti e beni di prima necessità da cui dipende la sopravvivenza della popolazione, dato che dallo scorso 2 marzo Israele sta impendendo l’ingresso di qualsiasi fornitura. Una situazione che sta rendendo quasi impossibile la risposta umanitaria. Molte delle organizzazioni sono state infatti costrette a sospendere le proprie attività, complicate anche dalle limitazioni negli spostamenti imposte dalle forze israeliane.

Oxfam e i partner con cui collabora non hanno potuto contare su alcun rifornimento di aiuti e con l’aumentare dei bisogni stanno esaurendo tutto. A Gaza City, ad esempio, stanno finendo le riserve di acqua pulita da cui dipende la sopravvivenza di tanti sfollati.

L’ORRORE QUOTIDIANO DELLA GUERRA

Le storie e le testimonianze raccolte e vissute in prima persona dagli operatori di Oxfam raccontano la paura e l’orrore quotidiano, in mezzo alla desolazione delle macerie.

“Ogni giorno c’è chi invoca aiuto perché rimasto intrappolato sotto gli edifici crollati,racconta un membro dello staff di Oxfam a Gaza  chi fugge per mettersi in salvo sapendo che ovunque ormai si rischia la vita, chi cerca invano di chiamare le ambulanze che non potranno arrivare perché gran parte delle strade sono distrutte, chi racconta l’incubo delle nuove ‘bombe silenziose’ che non danno nemmeno il tempo di scappare. In tanti poi non hanno più nulla da mangiare e non possono comprarlo perché i prezzi sono aumentati di sei volte, altri sono costretti a bruciare legna o a volte plastica per cucinare qualcosa per la propria famiglia, a causa del taglio delle forniture di elettricità”.

“La notte in cui abbiamo ricevuto il primo ordine di evacuazione abbiamo aspettato la fine degli spari per partire.aggiunge un’altra operatrice di Oxfam, costretta a fuggire da Rafah nei giorni della fine del Ramadan, sotto il fuoco dei bombardamenti che hanno colpito anche casa sua Di corsa siamo saliti in 9 in una piccola auto, mentre mio fratello è stato costretto a restare indietro. Ero paralizzata dalla paura, come i miei bambini che piangevano terrorizzati. Ovunque c’erano persone disperate che non sapevano dove andare, mentre i carri armati attraversavano il quartiere”. Ma l’incubo non finisce qui. “Solo dopo pochi giorni ci è stato ordinato di fuggire di nuovo dal posto dove ci eravamo rifugiati per andare in un’altra zona”, ricorda.

Anche le organizzazioni partner di Oxfam, come la Palestinian Environmental Friends Association (PEF), raccontano dei continui sfollamenti vissuti dai propri operatori e delle immense difficoltà affrontate nel tentativo di soccorrere le comunità più colpite.

L’APPELLO A ISRAELE E ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

“Assistiamo ogni giorno a massacri, disperazione ed evacuazioni di massa che vengono ordinate con pochissimo preavviso, mentre i bisogni umanitari crescono di pari passo col numero di sfollati.– aggiunge Pezzati – Per questo lanciamo un appello urgente perché Israele ponga fine al più presto all’assedio su Gaza, sbloccando l’ingresso degli aiuti umanitari, Chiediamo inoltre che venga messo in campo ogni sforzo diplomatico necessario a raggiugere un nuovo cessate il fuoco”.

Ufficio stampa

David Mattesini – 349.4417723 – [email protected]

NOTE:

  • Israele ha emesso molti ordini e direttive di evacuazione in aree che ha dichiarato “rifugi noti”, ma in molte di queste zone mancano le strutture e le condizioni minime previste dal diritto internazionale umanitario (DIU), ossia alloggi adeguati, servizi igienico-sanitari, cibo, requisiti di sicurezza e la possibilità che le famiglie restino insieme. Le disposizioni del diritto internazionale umanitario sulla protezione dei civili prevedono inoltre che venga garantita anche la sicurezza di coloro che non possono o non vogliono trasferirsi.

Fonte: https://casebook.icrc.org/a_to_z/glossary/evacuation

  • La regola 129 del diritto internazionale umanitario consuetudinario e l’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 vietano esplicitamente a un paese occupante di deportare o trasferire con la forza parte della popolazione civile occupata, indipendentemente dal motivo. Questa disposizione è una pietra miliare della normativa in materia, ed è concepita per impedire che la potenza occupante cambi la demografia del territorio occupato, a prescindere da qualsiasi “giustificazione” possa addurre.
  • La normativa sottolinea inoltre che i diritti e la dignità della popolazione civile devono essere protetti, riflettendo gli obblighi della potenza occupante di garantire il benessere e la sicurezza di coloro che sono sotto la sua amministrazione. Esistono eccezioni per l’evacuazione dei civili per ragioni di sicurezza, ma solo su base temporanea e quando vengono forniti una sistemazione adeguata, cibo, acqua e accesso alle cure mediche. Questo non è il caso di Gaza.
  • Il 14 aprile, l’ONU ha confermato che attualmente circa il 70% della Striscia di Gaza è composta da aree sottoposte a ordini di sfollamento o da zone “no-go”, dove le autorità israeliane richiedono alle organizzazioni umanitarie di notificare e coordinare i loro movimenti.
  • Il 15 aprile, l’ONU ha riferito che tra il 18 marzo e il 14 aprile, l’esercito israeliano ha emesso almeno 20 ordini di sfollamento attivi che hanno riguardato circa 142,7 chilometri quadrati, ovvero il 39% della Striscia di Gaza.
  • Le autorità israeliane hanno richiesto inoltre alle Nazioni Unite di coordinare e notificare gli spostamenti verso le zone “no-go” lungo il perimetro di Gaza e lungo il Wadi Gaza, dove le forze israeliane si sono ridispiegate dal 20 marzo, un’area che costituisce nel complesso circa il 50% di Gaza.
  • In totale, circa il 69% della Striscia è quindi attulamente sottoposta a ordini di sfollamento attivi, si trova all’interno di zone “no-go” o entrambe le cose.
  • Lo scorso 16 aprile, l’OCHA ha riferito che dal 18 marzo circa mezzo milione di persone sono state sfollate. A queste si aggiungono le centinaia di migliaia di persone ripetutamente sfollate prima del cessate il fuoco.

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