Roma, 24 luglio 2024 – Il nuovo report delle Nazioni Unite “The State of Food Security and Nutrition in the World” (SOFI), appena pubblicato, mostra che 1 persona su 11 nel mondo, e 1 su 5 in Africa, potrebbe aver sofferto la fame nel 2023. A commento Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia, ha dichiarato:
“La fame e l’insicurezza alimentare nel mondo rimangono a livelli altissimi e l’obiettivo “fame zero”, previsto dall’Agenda 2030 dell’ONU è già oggi probabilmente irraggiungibile. Il rischio di questo fallimento è dovuto a un insieme di motivi che continuano ad essere usati dai nostri Governi come scusa per rinviare azioni adeguate ed efficaci, in grado di affrontare davvero il problema. Il tutto a fronte di un contesto profondamente ingiusto e paradossale: nel mondo coltiviamo abbastanza cibo per sfamare tutti e le soluzioni per sradicare fame e malnutrizione esistono eccome”.
“I Paesi più poveri, indebitati e sfruttati sono anche ì più vulnerabili ai cambiamenti climatici e a shock economici e di conseguenza sono quelli più esposti alla fame. – continua Petrelli – Basti pensare all’Africa orientale dove quasi 28 milioni di persone soffrono di malnutrizione acuta a causa dell’alternarsi di siccità e inondazioni sempre più estreme e frequenti, dei conflitti in corso nell’area e della crisi economica post-Covid. Per affrontare l’emergenza umanitaria in Etiopia, Kenya, Somalia e Sud-Sudan è necessario lo stanziamento di 7,49 miliardi di dollari, ma al momento i donatori internazionali hanno stanziato meno del 20% delle risorse. Come se non bastasse, questi Paesi sono schiacciati dal peso di un debito complessivo che ammonta a 65 miliardi di dollari”.
“Come confermato dalla fotografia restituita dalle Nazioni Unite oggi, alla base c’è quindi una cronica mancanza dei finanziamenti necessari ad affrontare l’emergenza alimentare globale e porre fine alla fame. A livello globale mancano all’appello migliaia di miliardi di dollari. – aggiunge Petrelli – In questo contesto infatti i finanziamenti privati rappresentano una soluzione molto parziale, perché rischiano di aumentare il livello di disuguaglianze, escludendo le comunità locali da decisioni che condizionano il loro futuro. Al contrario sono necessari maggiori finanziamenti pubblici, a sostegno dei piccoli agricoltori nei Paesi più poveri, di programmi di protezione sociale più efficaci e in grado di ridurre il peso del debito estero per i Paesi più vulnerabili. Allo stesso tempo è cruciale che i Paesi ricchi rispettino le loro promesse di stanziamento degli aiuti necessari ad affrontare le crisi umanitarie e ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici. Per affrontare le cause della fame – tra cui l’ingiustizia economica, la crisi climatica e i conflitti – è però necessario un cambiamento politico e sociale profondo. Per questo sosteniamo con decisione la Presidenza brasiliana del G20, impegnata nella definizione di un piano d’azione volto alla creazione di una grande alleanza internazionale per sradicare la povertà ed azzerare la fame”.
“Per quanto riguarda l’Italia non possiamo inoltre che rilevare quanto siamo lontani dagli obiettivi. L’aiuto pubblico è in calo, dallo 0,33% allo 0,27% del 2023. Mentre si parla di Piano Mattei come occasione di svolta nel rapporto Italia-Africa, i trasferimenti dell’aiuto bilaterale italiano verso quel continente, diminuiscono invece del 32% (da 515 milioni di dollari a 351 nel 2023)”, aggiunge Petrelli.
“Speriamo almeno che il nostro Paese che presiede il G7, contribuisca con determinazione a far sì che nella Ministeriale Sviluppo che si terrà a fine ottobre a Pescara, si definiscano concrete azioni nell’ambito dell’Apulia Food Security Initiative, lanciata alla fine del summit in Puglia.- conclude Petrelli – Il G7 deve agire a sostegno della lotta alla fame e alla disuguaglianza mantenendo gli aiuti promessi e gli impegni di finanziamento per la sicurezza alimentare, per il clima, per la realizzazione di infrastrutture sostenibili in campo energetico, affinché le comunità più povere e vulnerabili e i piccoli contadini, ne siano i principali beneficiari. È altrettanto importante che questi nuovi finanziamenti siano prevedibili e misurabili, perchè altrimenti l’iniziativa rischia di rimanere una scatola vuota. Desta forte perplessità, infine, il fatto che le deliberazioni del G7 sulla sicurezza alimentare di giugno siano state un processo in gran parte opaco, calato dall’alto, con poche opportunità per la società civile, comprese le organizzazioni degli agricoltori nei Paesi partner, di partecipare alla discussione. Auspichiamo al contrario un processo più trasparente e inclusivo, in particolare un impegno del G7 con il gruppo di lavoro del C7 sulla giustizia alimentare”.
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