23 Settembre 2020

Irene, la sfida della didattica a distanza

 

Abbiamo incontrato Irene, docente di arte e territorio presso un istituto tecnico di Pontedera. Collabora con Oxfam per il progetto Walk the Global Walk.

Com’è cambiata la tua vita nel periodo di emergenza coronavirus?

La mia vita è cambiata molto: sono abituata a passare in continuazione da un impegno all’altro, spostandomi in luoghi diversi e frequentando molte persone. Essere chiusa in casa è stato molto difficile. Inoltre per me la casa è un luogo dove solitamente posso avere dei momenti di solitudine e concentrazione, non averli più è stato duro, soprattutto nei primi giorni, quando cercavo di fare tutto “normalmente”.

Quali sono i bisogni degli studenti che hai avvertito maggiormente?

Io insegno alle scuole superiori, in un istituto tecnico. Più che le lezioni, mi sembra che agli studenti mancasse il ritmo dato la vita scolastica. I primi giorni perdevano il conto del giorno della settimana, persi in giornate tutte uguali. La scuola, anche a distanza, dà loro una serie di impegni, di scadenze. Inoltre gli mancava il senso di appartenenza a un gruppo, dove potersi confrontare, ma anche divertirsi. La lezione era diventata un momento contemporaneamente di normalità e di evasione.

Quanto e come sei riuscita a conciliare essere mamma e lavoratrice in quel particolare momento?

Questo è un impegno complesso di per sé ed era diventato davvero difficile, anche se la presenza di mio marito, anche lui in smart working, era aumentata. Il lavoro mi impegnava come prima, forse di più, o almeno era distribuito in modo continuativo durante la giornata, con continui contatti con gli studenti. Le mie figlie, di 7 e 11 anni, pur acquistando sempre più autonomia, richiedevano spesso il mio aiuto, per le attività scolastiche o perché, vedendomi nella stessa stanza, volevano semplicemente stare con me. Per i bambini, la mancanza dei compagni di scuola e delle maestre era un malessere fisico, che la didattica a distanza riesce ben poco a colmare.
Inizialmente nervosismo e frustrazione non sono mancati, anche perché la convivenza di quattro persone bloccate in casa ha aumentato anche il lavoro domestico.
Pian piano ho iniziato a accettare di più questa situazione, smettendo di voler controllare tutto, seguendo i consigli di mio marito: le mie figlie hanno imparato i nomi dei miei studenti ma sapevano che almeno quando registravo una lezione era necessario fare silenzio; io rispettavo i loro spazi, giravo attorno a costruzioni e cartelloni stesi a terra senza pretendere che fosse tutto in ordine, ma di sabato tutti davamo una mano a pulire; i miei studenti partecipavano e lavoravano visto che avevo fissato orari più comodi per loro che per me, ma sapevano che a volte dovevo staccarmi un attimo per dare avvio alla videolezione di mia figlia piccola, e che rispondevo a tutti, ma che intorno all’ora di cena non esistevo.
Procedevamo tutti giorno per giorno, cercando di sviluppare soprattutto la capacità di adattamento. E ho capito che crollare è umano.

Cosa ti auguri e cosa cambieresti della scuola e del mondo che ci circonda?

Credo che questa emergenza dovrebbe farci capire quanto di più dovremmo investire nella scuola, soprattutto in termini di spazi e strutture, e di personale qualificato, per consentire una didattica non concentrata in poche ore, ma sviluppata in modo più disteso in un ambiente scolastico dove vivere e crescere, studiando sia con i docenti che in modo autonomo.
Spero che l’esperienza di lavorare a distanza ci possa far capire quanto la tecnologia sia utile per svolgere azioni quotidiane (quante riunioni potremmo fare dal nostro salotto senza spostare un’auto!) e quanto sia più sensato usarla così piuttosto che per oziose diffusioni di sciocchezze. Ma soprattutto spero che il ricordo del senso di libertà di quando usciamo di casa, per fare una passeggiata in campagna, ci resti addosso e ci faccia capire quali sono i veri bisogni e le vere priorità.

Vogliamo aiutare insegnanti e studenti a trovare nuove modalità di interazione e partecipazione

ttività di supporto all'istruzione nelle periferie toscaneLa scuola si trova di fronte a una sfida enorme, mai affrontata nella storia recente, che richiede tutto il supporto possibile anche da parte della società civile, con l’obiettivo cruciale di far sì che i ragazzi possano piano piano tornare alla normalità.

Un lavoro che deve guardare soprattutto agli studenti più fragili, che di più hanno subito l’impatto della chiusura delle scuole, vivendo spesso in contesti di maggior disagio sociale.

Da marzo ci siamo subito attivati per sostenere studenti e docenti con la didattica a distanza. Abbiamo consegnato decine di tablet alle scuole, alle comunità più vulnerabili che seguiamo con i nostri progetti e ai minori migranti che accogliamo in Toscana.

Nel corso dell’estate, abbiamo organizzato campi estivi e laboratori didattici.

Il nostro impegno continua per sostenere gli insegnanti e poter garantire a tutti gli studenti la possibilità di imparare, studiare e crescere. Possiamo offrire a questi studenti un futuro migliore solo grazie al supporto dei nostri donatori.

 

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