Le donne palestinesi sono costrette a vivere una realtà di continua lotta per la sopravvivenza economica. Molte di loro lavorano negli insediamenti israeliani, non per scelta, ma per necessità. La drammatica scarsità di opportunità di lavoro a causa delle politiche israeliane di occupazione e della repressione economica le spinge in un ciclo di sfruttamento, privo di tutele e sicurezza. In questo contesto, il lavoro negli insediamenti diventa l’unica via di sussistenza, pur essendo caratterizzato da salari bassi, mancanza di diritti e condizioni di lavoro precarie.
Il peso della coercizione economica
Le donne palestinesi non “scelgono” liberamente di lavorare negli insediamenti israeliani, ma sono spinte dalla disperazione economica.
Le politiche israeliane di occupazione, che limitano l’accesso alle terre, alle risorse e alle opportunità di sviluppo, hanno creato una situazione in cui l’economia palestinese è stremata e incapace di garantire alternative. In questo scenario, molte donne sono costrette a cercare lavoro nei settori agricoli e manifatturieri all’interno degli insediamenti, dove purtroppo il salario non è sufficiente a garantire una vita dignitosa.
Come afferma Wafaa, 53 anni: “Lavorare in un insediamento era terrificante per me, ma non ci sono altre alternative di lavoro. Il mercato del lavoro palestinese offre pochissime opportunità – quasi nessuna.”

Purtroppo, il lavoro negli insediamenti non offre alcuna sicurezza economica. Le donne sono esposte a condizioni di lavoro disumane: salari bassi, mancanza di contratti e assenza di tutele. Il 60% delle lavoratrici palestinesi in questi settori non ha contratti di lavoro regolari e non ha accesso a prestazioni di sicurezza sociale.
Inoltre i salari sono bassissimi. La maggior parte delle donne (65,5%) guadagna meno di 100 shekel al giorno, pari a 25 euro, che è meno della metà del salario minimo in Israele. La disparità salariale è allarmante, soprattutto considerando il tasso di inflazione di Israele, che a settembre 2024 era al 3,5%.
Le difficoltà sociali e culturali: doppia vulnerabilità per le donne
Il numero di donne palestinesi che lavorano negli insediamenti è aumentato significativamente. Nel 2018, meno dello 0,7% delle donne palestinesi impiegate lavorava negli insediamenti o in Israele. Oggi, questa cifra è salita al 3,4%. Si stima che circa 6.500 donne palestinesi siano impiegate negli insediamenti israeliani, con il 65,5% nel settore agricolo e il 33,3% nel settore manifatturiero, in particolare nella trasformazione alimentare e altri prodotti agricoli.

In una società che, purtroppo, mantiene norme di genere rigide, le opportunità di lavoro per le donne sono ulteriormente ristrette. Le donne che decidono di lavorare negli insediamenti, quindi, non solo devono fare i conti con condizioni di lavoro precarie, ma anche con la discriminazione di genere, che le costringe a occupare posizioni lavorative meno qualificate e meno retribuite.
Inoltre, le difficoltà sono amplificate dalle politiche israeliane che ne limitano la libertà di movimento. Le donne palestinesi non sempre hanno i permessi necessari per entrare legalmente negli insediamenti, il che le espone a maggiori rischi di abuso e sfruttamento. Le molestie sessuali e altre forme di violenza sul posto di lavoro sono fenomeni tristemente comuni, e le donne spesso non hanno alcuna possibilità di denuncia o di protezione.
I sogni di una vita migliore: alternative dignitose per le donne palestinesi
Nonostante le difficoltà e le ingiustizie quotidiane, le donne palestinesi non perdono la speranza di un’alternativa. Molte di loro esprimono chiaramente il desiderio di lasciare il lavoro negli insediamenti. Le donne palestinesi non chiedono l’impossibile: aspirano a lavori che rispettino la loro dignità, a salari giusti e a condizioni di lavoro sicure.
Come afferma Dalal, 43 anni: “Lavoro nell’insediamento da 8 anni. Sono l’unica fonte di sostentamento per la mia famiglia. Finanziariamente, la situazione è difficile e mio marito è disoccupato. Se nessuno lavora, chi si occupa delle spese domestiche?”
Per molte donne, la speranza è di avviare piccole imprese o accedere a opportunità di lavoro che rispondano alle loro competenze, come l’agricoltura o la piccola manifattura.
Immaginano un futuro in cui possano lavorare vicino a casa, riducendo i pericoli legati agli spostamenti lunghi e pericolosi. Molte di loro vedono nell’agricoltura sostenibile, nella piccola manifattura e nell’artigianato le opportunità per costruire un futuro migliore. Tuttavia, ciò richiede un ambiente economico che offra risorse, formazione e un sostegno adeguato. Ma senza un intervento significativo da parte della comunità internazionale e senza un cambiamento nelle politiche israeliane, queste opportunità rimarranno solo sogni.

La Valle del Giordano: un esempio di sfruttamento estremo
Un esempio significativo di questa realtà si trova nella Valle del Giordano, dove la maggior parte delle terre è stata confiscata dai coloni israeliani. Le donne palestinesi in quest’area, come quelle nei villaggi di Al-Jiftlik e Al-Zubeidat, sono particolarmente vulnerabili. Più della metà della forza lavoro femminile in queste zone è costretta a lavorare negli insediamenti israeliani. Questo fenomeno di sfruttamento ha raggiunto livelli estremi, tanto che il 60% delle donne che lavorano in questi insediamenti rappresentano l’unica fonte di reddito per le loro famiglie.
Tuttavia, il lavoro negli insediamenti non è mai stabile, e la perdita del lavoro può avere conseguenze devastanti. Dopo l’inizio dell’offensiva militare israeliana su Gaza nell’ottobre 2023, molte donne hanno perso il loro impiego, e per molte famiglie palestinesi questo ha significato la fine della loro unica fonte di sostentamento. La precarietà di queste condizioni rende le donne vulnerabili a continui cicli di povertà e insicurezza.
Il futuro delle donne palestinesi non può essere subordinato alle politiche di occupazione israeliane
Il ciclo di sfruttamento e disuguaglianza deve essere spezzato. È fondamentale affrontare le cause strutturali che alimentano questa situazione, come la fine dell’occupazione israeliana e la creazione di opportunità di lavoro dignitose. Tra le soluzioni concrete, l’Autorità Palestinese dovrebbe sviluppare politiche per creare opportunità di lavoro locali per le donne, riducendo la loro dipendenza dagli insediamenti. In particolare, è cruciale offrire corsi di formazione professionale e accesso facilitato al credito, per supportare le donne imprenditrici e aiutarle a sviluppare piccole attività economiche nei settori agricolo, artigianale e della trasformazione alimentare.
Inoltre, le organizzazioni internazionali dovrebbero fornire fondi di emergenza per le donne che abbandonano il lavoro negli insediamenti, accompagnandole in un percorso di transizione verso nuovi impieghi. La creazione di cooperative femminili e la promozione di iniziative economiche rurali possono contribuire a rafforzare l’indipendenza economica delle donne palestinesi, mentre il sostegno all’infrastruttura locale, come miglioramenti nei trasporti e nei mercati, può ridurre la dipendenza dal lavoro negli insediamenti.
Solo con queste soluzioni concrete e un impegno a livello internazionale si potrà costruire un futuro più giusto e sicuro per le donne palestinesi.
Scopri nel dettaglio le nostre richieste a governi, comunità internazionale e istituzioni per adottare misure concrete che fermino le violazioni dei diritti delle lavoratrici palestinesi, assicurando loro condizioni di lavoro giuste e rispettose della dignità umana.