Il prossimo vertice G20 di Johannesburg diventa il palcoscenico per una richiesta urgente: tassare gli ultra-ricchi e liberare i Paesi più poveri dal giogo del debito. I miliardari del G20 hanno infatti accumulato nel 2024 una ricchezza extra di 2,2 trilioni di dollari, pari alle risorse necessarie per far uscire dalla povertà 3,8 miliardi di persone.
LA CRESCITA SPROPORZIONATA DELLA RICCHEZZA
Le fortune di una manciata di super miliardari sono cresciute del 16,5% in appena 12 mesi, passando da 13,4 a 15,6 trilioni di dollari. Un incremento superiore agli 1,65 trilioni di dollari necessari per permettere a chi oggi vive con meno di 8,30 dollari al giorno di raggiungere e mantenersi per un anno a tale soglia. Questa la nostra denuncia, alla vigilia del vertice dei leader del G20 che si terrà a Johannesburg il 22-23 novembre.

L’APPELLO PER LA RIDUZIONE DELLE DISPARITÀ GLOBALI
Al summit di Johannesburg sarà centrale il tema della lotta alle disuguaglianze globali posto con forza dalla presidenza sudafricana e affrontato in dettaglio nel rapporto, di recente pubblicazione, della task-force speciale del G20 presieduta dal Premio Nobel per l’Economia Joseph E. Stiglitz. Un’iniziativa voluta dal Sudafrica con l’obiettivo di portare a un’azione più incisiva del Gruppo dei 20 per la riduzione delle crescenti disparità globali.
IL RAPPORTO DELLA TASK FORCE DEL G20
Eloquente il quadro restituito dal rapporto della task-force: su scala planetaria, tra il 2000 e il 2024, la ricchezza privata è aumentata vertiginosamente, ma il modo in cui tale incremento si è distribuito tra i diversi gruppi della popolazione mondiale ha evidenziato macroscopici squilibri. Il 41% dell’incremento è stato appannaggio dell’1% più ricco del pianeta, mentre la metà più povera dell’umanità ha incamerato appena l’1% della “nuova ricchezza”.
Il rapporto evidenzia come la disuguaglianza ormai parossistica sia deleteria per i sistemi economici, mini la coesione e la mobilità sociale e alimenti fenomeni di polarizzazione, compromettendo la tenuta stessa delle democrazie.
Tra le principali raccomandazioni del report c’è la creazione di un Panel Internazionale sulla Disuguaglianza.
“È una proposta chiave per contrastare la crisi delle disuguaglianze. – dichiara Misha Maslennikov, il nostro policy advisor su giustizia economica – Al pari dell’IPCC (Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell’ONU), un panel permanente di esperti indipendenti da diverse regioni del mondo assicurerebbe rigore scientifico alla raccolta dei dati e all’analisi delle tendenze delle disuguaglianze, effettuerebbe valutazioni delle politiche pubbliche e formulerebbe raccomandazioni ai governi”.
Il Presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha già manifestato il proprio sostegno alle conclusioni e alle raccomandazioni contenute nel rapporto Stiglitz, invitando gli altri Paesi del G20 a sostenerle.
“Nonostante i livelli record di concentrazione della ricchezza privata ai vertici delle nostre società, la ricchezza pubblica è stagnante, se non in declino, e molti Paesi sono sempre più indebitati, privando i cittadini di opportunità e diritti, causando povertà, fame, risentimento, sfiducia e instabilità. – aggiunge Maslennikov – Oggi più che mai serve un’azione incisiva che inverta questa nefasta tendenza“.

IL RUOLO DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP
Il G20 arriva nel mezzo di un terremoto geopolitico. Il Presidente Trump non parteciperà al vertice, mentre la sua Amministrazione sta di fatto alimentando la disuguaglianza sia all’interno degli Stati Uniti che fuori, attraverso dazi sconsiderati, agevolazioni fiscali regressive e tagli agli aiuti al Sud globale.
Dall’insediamento della nuova amministrazione Trump, gli Stati Uniti si sono inoltre ritirati da processi di cooperazione fiscale internazionale e hanno cercato di costringere, sotto minaccia di pesanti sanzioni, altri Paesi ad annacquare riforme fiscali cogenti. Un’azione che si è concretizzata ad esempio con la pressione esercitata sui Paesi del G7 per esentare le multinazionali statunitensi da un’imposta minima globale sulle società.
Gli altri Paesi del G20 hanno oggi la reale opportunità di assumere impegni duraturi in direzione diametralmente opposta, lavorando per la riduzione delle disuguaglianze e approntando regole internazionali e processi di cooperazione tra Paesi di cui benefici l’intera collettività planetaria, ponendo al centro il benessere e le aspirazioni dei più vulnerabili.
IL NOSTRO APPELLO AL G20
In questo contesto lanciamo un appello ai leader del G20 per un’azione incisiva che assicuri una tassazione effettiva e più equa degli ultra-ricchi come concordato l’anno scorso in occasione del G20 in Brasile – passando dalle parole ai fatti.
- In molti Paesi del G20, Italia inclusa, i contribuenti più ricchi versano, in proporzione al proprio reddito o ricchezza, minori imposte dirette, indirette e contributi rispetto a cittadini con redditi più modesti o patrimoni più esigui.
- I super-ricchi oggi riescono a strutturare i propri patrimoni minimizzando i flussi di reddito tassabile e godono di ampie opportunità per occultare offshore i propri capitali.
Per questo:
- Chiediamo di contrastare il dumping fiscale internazionale in materia di tassazione personale a partire dall’abolizione di regimi fiscali di estremo favore offerti da molti Paese ai paperoni d’oltreconfine.
- Chiediamo che il G20 agisca con decisione per alleviare la morsa del debito che strangola le economie più fragili. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, più della metà dei Paesi a basso reddito è in una situazione di indebitamento eccessivo o rischia di finirci. Un macigno che priva gli Stati di risorse fondamentali per le scuole, gli ospedali e le infrastrutture, aggravando le disuguaglianze. Basti pensare che oggi 3,4 miliardi di persone vivono in Paesi che spendono più per il pagamento degli interessi sul debito estero che per l’istruzione o la sanità.
“Per questi Stati ripagare il debito equivale oggi a rinunciare allo sviluppo e ai servizi essenziali per la popolazione – conclude Maslennikov – Il piano del G20 per aiutarli a uscire dai livelli di sovra-indebitamento è fallito per gli infiniti rinvii e ritardi. Al momento solo 4 dei 69 Paesi ammissibili hanno presentato domanda per parteciparvi. Si tratta di economie sempre più intrappolate in un circolo vizioso: i capitali privati sono in ritirata a causa dell’aumento del rischio di insolvenza, costringendo i Governi a rivolgersi a organismi multilaterali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, i cui prestiti sono spesso accompagnati da condizioni più severe, come ad esempio le richieste di tagli draconiani alla spesa pubblica”.
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