5 Marzo 2015

Sarosa, che fa ripartire lo Sri Lanka

 
Sri Lanka. Sarosa
Sarosa

I villaggi delle campagne e delle foreste del nord dello Sri Lanka raccontano di donne e di uomini che non si arrendono, che vogliono ripartire, per i quali anche un piccolo  intervento di Oxfam rappresenta uno stimolo, una spinta essenziale per l’inarrestabile movimento verso una nuova vita.


Lo esprimono le parole e lo sguardo di Sarosa, tornata nel 2010 con il marito ed i tre figli nel proprio villaggio, Naiznamadu, dopo un’esperienza da profughi che non ha avuto la forza di raccontare, ed io quella di chiederle di raccontare. “Abbiamo iniziato tutto daccapo”, mi dice, “la nostra casa i nostri terreni erano stati distrutti. L’unico bene di cui disponevamo era la terra che il governo fortunatamente ci ha dato in concessione per 30 anni. Coltivavamo ortaggi di vario tipo che poi vendevamo al mercato. I costi erano però elevatissimi, soprattutto quelli per i fertilizzanti chimici, per i semi acquistati al mercato; i prodotti richiedevano enormi quantità di acqua che, soprattutto negli ultimi anni, è divenuto un bene difficilmente accessibile.

Abbiamo fatto domanda e siamo stati selezionati per partecipare ad un programma di Oxfam di diffusione delle pratiche di coltivazione organiche. Formazione, donazione di qualche attrezzatura e di sementi autoctone, supporto finanziario per la costruzione di un pozzo. Oggi coltiviamo più di due acri di terra: patate dolci, chili, fagioli”. Il loro orto familiare (Forest Garden lo chiamiamo così tra gli addetti ai lavori) è un capolavoro, riempie il cuore. “Con gli scarti della produzione, con le foglie degli alberi, con altri rifiuti organici, produciamo fertilizzanti e pesticidi naturali. Risparmiamo un bel po’ di soldi, anche se costa un po’ di tempo e di fatica. Con l’autobus vado al mercato di Vavunyia a vendere i prodotti e quando le borse sono troppo pesanti mi accompagna anche mio marito. Anche i vicini di casa vengono ad acquistare da noi. Non costano meno dei prodotti coltivati con tecniche convenzionali, ma tutti sanno che i nostri sono prodotti sani e tutti noi vogliamo che i nostri figli crescano sani”. Il sano e stupendo sorriso di sua figlia Viji sembra una testimonianza perfetta del successo di questo orto organico. Il marito Chanthiraraj, mi accompagna a poche decine di metri per mostrarmi la piccola stazione dove produce il compost e, ancora più avanti il pozzo.


“Negli ultimi anni”, mi dice, “il clima è cambiato. Le piogge sempre più abbondanti e concentrate in poco tempo provocano allagamenti e alluvioni che distruggendo gran parte del raccolto. Alle piogge si alternano lunghi periodo di siccità e senza pozzo per noi sarebbe impossibile produrre tutto quello che ci serve per il nostro consumo, tantomeno un surplus da poter vendere al mercato”.

Oxfam ha realizzato e sta realizzando molti interventi per affrontare il problema dell’approvvigionamento dell’acqua dei piccoli produttori: oltre alle centinaia di pozzi familiari, sono decine gli interventi di ripristino dei tanks, caratteristici bacini di acqua creati artificialmente in epoche remote per garantire l’irrigazione in agricoltura e che negli ultimi decenni sono stati trascurati dalle autorità e dagli abitanti.

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