Affamare le persone, bloccare gli aiuti umanitari, radere al suolo ogni edificio: è così che Israele sta cancellando la striscia di Gaza davanti agli occhi del mondo.
L’ultimo report dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC), pubblicato a fine agosto ha confermato la carestia – ossia il livello più grave di insicurezza alimentare e malnutrizione – nella provincia di Gaza, e prevede che nelle prossime settimane la soglia della carestia sarà superata anche nelle province di Deir al-Balah e Khan Younis.
Quella in corso a Gaza è una carestia interamente provocata dall’uomo.

La fame come arma di guerra
La guerra ha distrutto gran parte dei terreni coltivabili e dei mezzi di produzione alimentare a Gaza e la scarsità di cibo fa sì che i prezzi dei beni alimentari disponibili sul mercato siano inaccessibile per la maggior parte delle persone.
Allo stesso tempo Israele ostacola l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza dall’inizio della guerra: negli ultimi 5 mesi ha imposto un blocco totale all’ingresso di aiuti nella striscia, appaltando le uniche distribuzioni di cibo alla Global Humanitarian Foudation, (GHF) un ente direttamente controllato dalle forze armate israeliane. Le distribuzioni di cibo della GHF sono però carneficine di civili travestite da aiuti: secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, in tre mesi sono state uccise almeno 2.000 persone che cercavano di accedere a queste distribuzioni.
Oltre il blocco degli aiuti: a Gaza rimettiamo in vita serre e terreni agricoli
Per sostenere la produzione di cibo a Gaza, i nostri operatori hanno completato la riabilitazione di un vivaio agricolo nella città di Gaza e stanno iniziando la riabilitazione di 5 ettari di terreni agricoli e di 100 serre, di cui beneficeranno più di 130 agricoltori.
Nel frattempo, i nostri camion carichi di aiuti alimentari sono già pronti ai confini, in attesa di entrare.

La violenza aumenta di giorno in giorno
I bombardamenti delle forze israeliane in tutta la Striscia di Gaza sono sempre più pesanti e continuano ad arrivare notizie di demolizioni di edifici residenziali e di attacchi contro scuole, tende, edifici residenziali.
Il 25 agosto, le forze israeliane hanno compiuto due attacchi consecutivi contro il complesso medico Nasser nel centro di Khan Younis. Il secondo attacco, immortalato da una diretta televisiva, è avvenuto mentre i sopravvissuti tentavano di soccorrere i feriti e recuperare le vittime del primo attacco. Secondo quanto riferito dal Ministero della Salute, sono morti 22 palestinesi e 30 sono rimasti feriti. Tra loro c’erano giornalisti, personale sanitario e pazienti in condizioni critiche.

Israele ha annunciato che entro il 7 ottobre di quest’anno avvierà un’offensiva per prendere il controllo della città di Gaza. Se questo avverrà, oltre a causare altre vittime e nuovi sfollamenti di massa, la striscia di Gaza potrebbe perdere metà della sua capacità ospedaliera, già estremamente compromessa.
Sempre più persone sfollate
Insieme agli attacchi israeliani continuano anche gli ordini di sfollamento. Secondo il Site Management Cluster in solo due mesi sono stati registrati quasi 120.000 spostamenti di sfollati. Per la popolazione palestinese di Gaza questi ordini non significano solo dover abbandonare tutto: nelle aree interessate dagli ordini di sfollamento ci sono diverse importanti infrastrutture civili, come bacini idrici, pozzi d’acqua, stazioni di pompaggio delle acque reflue, e centri sanitari.

A Gaza non c’è più acqua
L’accesso all’acqua nella striscia di Gaza è drammaticamente compromesso: a Gaza non esistono fonti d’acqua naturali; l’acqua da bere e per lavarsi deve essere importata o prodotta attraverso la desalinizzazione dell’acqua di mare. Dall’inizio della guerra Israele ha distrutto buona parte degli impianti di produzione di acqua, mentre altri si trovano in zone coperte da ordini di evacuazione e quindi sono ormai inaccessibili. Il continuo blocco all’ingresso di aiuti, tra cui l’acqua potabile e i prodotti per il trattamento dell’acqua, rendono l’emergenza ancora più grave.
20 mila persone raggiunte con acqua potabile
Solo nel mese di luglio abbiamo fornito circa 650 m³ di acqua potabile a quasi 20 mila persone in 9 campi. Abbiamo continuato inoltre a svolgere sessioni di sensibilizzazione relative alle pratiche igieniche di base in 10 campi per sfollati a Gaza e Khan Yunis, raggiungendo oltre 4 mila persone.

Garantire acqua e condizioni igieniche dignitose alle persone a Gaza però è una sfida quotidiana: per far circolare le autocisterne serve carburante, e al momento le scorte disponibili sono ridottissime. La volatilità della situazione di sicurezza, inoltre, ci costringe a interrompere e riprogrammare continuamente gli interventi: nel mese di luglio abbiamo dovuto interrompere i lavori di riparazione di un’infrastruttura per le acque reflue a Gaza City a causa di un ordine di evacuazione israeliano.
Ogni giorno senza aiuti significa più morti evitabili
Sebbene nelle ultime settimane le autorità israeliane abbiano allentato il blocco all’ingresso degli aiuti umanitari, le scorte che riescono a entrare a Gaza sono ancora drammaticamente insufficienti.
Senza un cessate il fuoco che consenta agli aiuti umanitari di raggiungere tutta la popolazione di Gaza, il numero di morti evitabili continuerà a crescere in modo esponenziale.
Il genocidio del popolo palestinese deve essere fermato ORA.

Portiamo l’Italia dalla parte giusta della storia
Se siamo arrivati fino a qui è perché a Israele è stata garantita copertura politica e militare. L’impunità protratta per decenni ha alimentato crimini di guerra e contro l’umanità, che oggi stanno portando al genocidio del popolo palestinese di Gaza.
Per questo chiediamo alla Presidente Giorgia Meloni e al Governo italiano di:
- votare per la sospensione dell’accordo di associazione UE-Israele
- revocare il memorandum bilaterale di difesa Italia-Israele
- introdurre misure restrittive verso i leader politici e militari israeliani
- supportare le corti internazionali e garantire il rispetto delle loro decisioni
Firma la petizione e chiedi anche tu un cessate il fuoco immediato e permanente e l’accesso illimitato agli aiuti umanitari.
Ogni firma è una voce in più per fermare il genocidio e per portare l’Italia dalla parte giusta della storia.







