20 Luglio 2023

Accordo sul grano ucraino: un’utile precisazione

 

accordo grano ucraino

Risposta all’articolo del Foglio del 17 luglio

L’articolo di Luciano Capone pubblicato da Il Foglio in data 17/7 u.s. forza, a vantaggio di una tesi di fondo che ci appare insostenibile, la posizione di Oxfam sul mancato rinnovo della Black Sea Grain Initiative tra Ucraina, Turchia, Onu e Russia, a partire dal sommario, ma non solo: “La ong e lo zar contro l’accordo sul grano in nome della comune ossessione anti occidentale“.

Una cosa è infatti auspicare, come sempre ribadito pubblicamente da Oxfam in occasione della firma dell’accordo sul grano: “la piena attuazione dello sblocco dell’export di grano e cereali dall’Ucraina nel più breve tempo possibile” e denunciare il mancato rinnovo per le preoccupanti conseguenze che questo produrrà.

Altra è approfondire l’analisi e valutare gli effetti raggiunti dall’accordo nel momento in cui esso non viene rinnovato, sottolineando come “l’accordo che ha consentito di riprendere le esportazioni di cereali dall’Ucraina ha certamente contribuito a contenere l’impennata dei prezzi alimentari (come pure ammette Luciano Capone) – aumentati comunque del 14% a livello globale nel 2022 – ma non ha rappresentato la soluzione alla fame globale che oggi colpisce almeno 122 milioni di persone in più rispetto al 2019“.

Altra ancora, ricorrere a un’analisi solo strumentalmente logico-deduttiva, frutto di una evidente forzatura che non riferisce correttamente lo spirito delle posizioni di Oxfam sul tema, per sostenere: “… Sul piano politico, la posizione irragionevole della ONG è esattamente identica a quella di Putin…”.

In virtù di queste considerazioni, giova ribadire, in buona, e questa sì corretta sostanza, che Oxfam non ha mai avversato l’accordo sul grano, ma ha offerto, ad accordo non rinnovato, una valutazione dei suoi esiti, soprattutto auspicando l’eventualità che lo stesso accordo dovesse e potesse rivelarsi riesaminabile, e magari rivedibile, mantenendo sempre e comunque i mercati aperti e il libero commercio, soprattutto nell’interesse dei paesi più poveri e degli eventuali meccanismi di acquisto e fissazione del prezzo del grano.

 

 

 

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