Il disastro umanitario a Gaza si sta intensificando, non attenuando. Da un mese il governo israeliano impedisce l’ingresso degli aiuti a Gaza. Lo staff sul campo, insieme ai nostri partner, rischia la vita ogni giorno per cercare di alleviare le sofferenze della popolazione palestinese, mentre tonnellate di aiuti attendono di essere consegnate. Senza un cessate il fuoco permanente, i civili palestinesi continueranno a soffrire di rinnovata violenza, privazioni croniche e ripetuti cicli di distruzione.
LA CARESTIA È UNA MINACCIA REALE
Gli effetti del blocco degli aiuti a Gaza sono catastrofici, e aggravano pesantemente la possibilità di sopravvivenza degli abitanti della Striscia. Le autorità israeliane stanno negando l’ingresso ai camion che trasportano 63 mila tonnellate di cibo, sufficienti a sfamare 1,1 milioni di persone. Il prezzo di frutta e verdura è aumentato di oltre il 200% da quando sono stati chiusi i valichi: un chilo di patate costa 30 dollari, una cifra esorbitante per chi non ha ormai più nulla. 80 delle 170 cucine comunitarie potrebbero chiudere entro 1-2 settimane a causa della mancanza di scorte e carburante. La malnutrizione non può essere affrontata solo con gli aiuti alimentari: richiede acqua pulita, carburante e sistemi sanitari funzionanti, tutti elementi attualmente carenti.

L’AIUTO TRA BLOCCHI E ATTACCHI MORTALI
Durante il cessate il fuoco, dal 20 gennaio al 28 febbraio, abbiamo aiutato oltre 180 mila persone garantendo acqua, servizi di protezione, denaro, pacchi alimentari e supporto per la ripresa agricola. Con la rottura della tregua, laddove le condizioni di sicurezza lo hanno permesso, abbiamo comunque continuato a lavorare per portare aiuto alla popolazione. Da venerdì 21 marzo, tramite i nostri partner sul campo abbiamo avviato un trasporto di emergenza d’acqua per rispondere alle esigenze delle popolazioni sfollate con la forza; in un solo giorno, il 22 marzo, siamo riusciti a distribuire oltre 500 metri cubi d’acqua potabile agli sfollati e alle comunità ospitanti in 49 siti diversi situati nei governatorati.
Purtroppo, dalla scorsa settimana la nostra intera risposta umanitaria è sempre più difficoltosa; ci adoperiamo comunque per quanto possibile nel portare aiuto, grazie all’impegno dei partner locali. Proseguiamo la distribuzione di acqua tramite le autobotti e i trasferimenti in denaro, ma i rischi per il nostro personale sono altissimi. Il 23 marzo, tre lavoratori delle fognature comunali sostenuti da un nostro partner sono stati uccisi da un attacco aereo israeliano mentre azionavano un camion aspiratore chiaramente contrassegnato; il centro sanitario del nostro partner Juzoor, a Jabalia, è stato distrutto da un attacco aereo israeliano il 18 marzo scorso: prima di questo attacco, serviva mille pazienti al giorno.

GLI AIUTI NEGATI SONO VITE IN PERICOLO
Il nostro partner Aisha ha 600 pacchi alimentari nel proprio magazzino, ciascuno in grado di sostenere una famiglia per due settimane: a oggi purtroppo però questa distribuzione non è resa possibile. Decine di camion contenenti unità di desalinizzazione, pacchi alimentari e materiali sanitari e idrici attendono di entrare nella Striscia. Dal nostro magazzino di Bicester, in Gran Bretagna, abbiamo recentemente spedito in Giordania un carico contenente strumentazione ed equipaggiamento per garantire acqua potabile e servizi igienico sanitari a decine di migliaia di persone, non appena il blocco da parte di Israele sarà sollevato, e che si aggiungeranno agli aiuti acquistati localmente:
- 90 cisterne flessibili da 5 metri cubi ciascuna, in grado di conservare l’acqua potabile e distribuirla con le apposite condutture a 60mila persone.
- 875 latrine autoportanti, e 266 latrine da assemblare, in modo da garantire servizi igienico sanitari a 45mila persone
- 510 lavabi, a beneficio di 50.000 persone

Chiediamo un cessate il fuoco permanente che garantisca un accesso umanitario completo e senza ostacoli, incluso un passaggio sicuro per i convogli di aiuti, la protezione del personale umanitario e la rimozione di tutte le barriere burocratiche e militari all’ingresso di carburante, materiali di riparazione e forniture per rifugi.
L’assistenza umanitaria non può essere oggetto di pressione negoziale, ma è un diritto per la popolazione civile e un obbligo per la forza occupante.
Un cessate il fuoco e un richiamo a rispondere per attacchi illegali, punizioni collettive e sfollamenti forzati, sono l’unica via da seguire.
UN FUTURO DI PACE È POSSIBILE, INSIEME POSSIAMO COSTRUIRLO
È una nostra responsabilità collettiva fermare questa tragedia: bambini, donne e uomini vulnerabili non possono più attendere. Unisciti a migliaia di persone per chiedere un cessate il fuoco permanente nella Striscia di Gaza e in tutta la regione.
Firma e condividi la petizione per chiedere la protezione dei civili ORA