In due anni di guerra a Gaza, più di 67 mila palestinesi sono stati uccisi e circa 170 mila feriti, di cui quasi 42.000 con lesioni permanenti.
Con l’entrata in vigore di un fragilissimo accordo di cessate il fuoco, le famiglie palestinesi costrette a mesi di sfollamento forzato hanno ripreso a spostarsi all’interno della Striscia, dirette a ciò che resta delle proprie case. Dall’inizio del cessate il fuoco, si stima che oltre 480 mila persone si siano messe in viaggio dal sud verso Gaza City, mentre circa 100.500 persone si sono spostate verso Khan Younis.

Molte famiglie vivono ora in campi profughi improvvisati, spesso in aree aperte o edifici danneggiati, senza accesso adeguato a servizi essenziali come acqua, cibo e cure mediche.
I bisogni umanitari della popolazione di Gaza sono enormi, ma Israele continua ad ostacolare l’ingresso degli aiuti umanitari, violando i termini dell’accordo di cessate il fuoco e il diritto internazionale.
Le procedure di registrazione ostacolano gli aiuti umanitari
Il nuovo sistema di registrazione delle ONG internazionali imposto dalle autorità israeliane risponde a una precisa volontà politica: ostacolare le attività umanitarie.
Molte organizzazioni si vedono arbitrariamente negata la possibilità di portare dentro Gaza acqua, cibo, tende e forniture mediche.
Nella maggior parte dei casi il blocco è stato motivato dal fatto che le organizzazioni “non sono autorizzate” a fornire aiuti umanitari a Gaza. Tra le organizzazioni a cui è stato negato l’accesso, però, ci sono realtà che lavorano a Gaza da decenni e sono registrate come sia presso le autorità palestinesi che israeliane e che sono quindi legalmente autorizzate ad operare nella Striscia, mentre sono in corso le nuove procedure di registrazione, prorogate dalle autorità israeliane al 31 dicembre 2025.

Oxfam non si è mai fermata
Malgrado le condizioni operative estremamente difficili, Oxfam e i suoi partner locali hanno continuato a fornire aiuti salvavita a Gaza. Nonostante l’assedio e i bombardamenti, solo nel mese di settembre siamo riusciti a distribuire buoni alimentari a oltre 2.000 famiglie, a trasportare acqua potabile alle comunità nel nord e nel sud di Gaza e a sostenere il funzionamento dei pozzi d’acqua e dei servizi igienici.
Dall’inizio dell’offensiva israeliana, oltre 800.000 persone hanno ricevuto sostegno attraverso programmi WASH (acqua, igiene e servizi igienico-sanitari), oltre a servizi di protezione e assistenza in denaro rivolti in particolare a donne e bambini.

Una finestra critica per la risposta umanitaria
Con l’accordo di cessate il fuoco, si è aperta una finestra decisiva per intensificare la risposta umanitaria.
I nostri team e partner locali, che hanno resistito a mesi di bombardamenti e sfollamenti, sono pronti a ripristinare infrastrutture idriche e igienico-sanitarie, ampliare la distribuzione alimentare e fornire assistenza in denaro su larga scala.
Perché ciò avvenga, è essenziale garantire accesso umanitario completo e sicuro e porre fine al blocco illegale di Gaza e all’occupazione dei territori palestinesi.
La comunità internazionale deve assicurare il rispetto di un cessate il fuoco duraturo e permettere la libera circolazione degli aiuti attraverso tutti i valichi disponibili.
Solo così i palestinesi potranno ripristinare le basi della vita quotidiana, tornare a ciò che resta delle loro case e ricostruire le comunità distrutte, plasmando il proprio futuro in tutti i territori occupati.
Chiedi l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza in modo imparziale, neutrale e indipendente.
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