13 Dicembre 2011

Conferenza sul clima di Durban: conclusioni amare

 
La Nuova Zelanda riceve il primo premio per l'impegno nell'ostacolare i negoziati di Durban. Credits: Ainhoa Goma/Oxfam
Nuova Zelanda "premiata" per l'opposizione a Kyoto

Alle trattative dell’ONU sul clima, i negoziatori hanno a malapena evitato il collasso, accordandosi sul minimo indispensabile, quando le trattative sono proseguite ben oltre l’undicesima, la dodicesima e la tredicesima ora.

Sono state due le questioni principali discusse, abbozzate, dibattute e sezionate nelle due lunghe settimane di negoziati. In primo luogo, come far crescere gli sforzi per il taglio delle emissioni di CO2 e assicurare una cornice legale – la base di quello che sarebbe dovuto essere un secondo periodo di impegni del protocollo di Kyoto (KP)- tramite un accordo equo, ambizioso e vincolante che comprenda tutti i maggiori paesi che emettono CO2.

In secondo luogo, le modalità di finanziamento del Green Climate Fund (fondo verde per il clima) – strumento per aiutare a finanziare il percorso delle nazioni emergenti verso un’economia verde e per dar loro supporto nell’adattarsi a un clima che cambia.

Il piano che è stato alla fine concordato, dopo che le trattative erano andate ben oltre la seconda notte, mette il Fondo in piedi ma senza alcuna fonte di finanziamento, lascia una bassa possibilità di evitare l’innalzamento delle temperature di 4 gradi e raggiunge il secondo periodo di impegni del protocollo di Kyoto senza però i membri chiave.

Come dichiarano spesso i delegati prima di iniziare un loro discorso: Parliamoci chiaro, il patto stretto a Durban non è né buono per il futuro del pianeta, né per le popolazionipiù povere e vulnerabili.

I negoziatori hanno mandato il seguente messaggio a coloro che nel mondo soffrono la fame: “lasciamo che mangino carbone.”

La “Durban Platform” può essere soltanto descritta come una vera delusione. La colpa di questo ritardo è da imputarsi completamente a paesi quali USA, Canada, Giappone e Australia che hanno temporeggiato dall’inizio alla fine, principalmente sul “come” tagliare le emissioni affinché il riscaldamento globale si mantenga sotto i 2 gradi.

Se non verranno intraprese al più presto azioni più ambiziose, gli agricoltori di alcune parti dell’Africa vedranno diminuire i campi coltivabili di più del 50% entro questa o la prossima generazione. I prezzi del cibo potrebbero più che raddoppiare entro il prossimo ventennio; causa di ciò è per almeno il 50% il cambiamento climatico.

Tutto ciò rende la distribuzione di aiuti reali e concreti per far si che le popolazioni e persone più vulnerabili possano proteggesi dai cambiamenti climatici ancora più vitale.

Non possiamo permettere al Green Climate Fund di spegnersi lentamente. I governi devono identificare fonti di denaro significative e prevedibili da destinare al Fondo senza ritardi, come ad esempio una piccola tassa sulle transazioni finanziarie e un’imposta sulle emissioni da trasporto navale internazionale. Ora i governi devono concentrarsi sull’aumento dei loro obiettivi legati al taglio delle emissioni e a sostegno delle casse del Fondo. Se le nazioni non aumentano i tagli alle emissioni urgentemente, saranno le comunità più povere e vulnerabili del mondo a pagare con le loro vite questa inattività. Le persone che si preoccupano per il destino dei poveri del mondo e del loro stesso futuro economico, dovrebbero essere indignate contro quei governi che hanno fallito nell’intraprendere giuste misure e Durban. Ma la sola rabbia non risolverà i cambiamenti climatici. Esiste ancora una possibilità di perseverare a Rio per far incrementare gli sforzi e ritagliare il tipo di accordo di cui abbiamo bisogno. Coloro che non sono in grado di negoziare per il raggiungimento di tale risultato, dovrebbero semplicemente restare a casa.

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