25 Maggio 2020

COVID-19, aiutare i paesi poveri aiuta anche noi

 

Tutto l’aiuto necessario

La pandemia di coronavirus avrà effetti devastanti a livello sanitario, sociale ed economico nei Paesi più poveri del mondo.La pandemia di coronavirus avrà effetti devastanti a livello sanitario, sociale ed economico nei Paesi più poveri del mondo.

In 42 Paesi, concentrati per lo più in nell’area sub-sahariana, la maggioranza della popolazione non può nemmeno lavarsi le mani con acqua e sapone in casa propria. Un elemento cruciale per prevenire e ridurre il contagio.

Oggi, proprio in occasione dell’Africa Day, pubblichiamo il rapporto Tutto l’aiuto necessario, che fotografa le catastrofiche conseguenze sanitarie, umanitarie ed economiche della pandemia, inevitabili senza un’immediata serie di azioni efficaci.

Le nazioni ricche devono mettere a disposizione le risorse necessarie alle nazioni a basso e medio reddito e ai loro cittadini per fermare la diffusione dell’epidemia nei loro Paesi, evitare il disastro umanitario e prevenire il collasso economico.

Se non vengono intraprese azioni immediate e drastiche, il mondo intero potrebbe pagare un tributo disastroso al coronavirus. La conseguenza, in un mondo interconnesso, potrebbe essere il rimbalzo del contagio da Sud a Nord, e quindi dai paesi poveri ai paesi ricchi.

Il virus, in assenza di adeguate misure di contenimento, è una mina vagante, capace di produrre “epidemie” di ritorno, con ripercussioni economiche e sanitarie gravissime anche per quei paesi ricchi che iniziano ad uscire da una fase di prima emergenza. Questa crisi ci sta dimostrando sul piano dei principi, ma anche degli interessi socio-economici, che nessuno è al sicuro se non lo siamo tutti.

Il peso del debito impedisce di combattere il Covid-19

Allo stato attuale, i sistemi sanitari dei Paesi poveri, non sono in grado di far fronte alla pandemia, innanzi tutto per mancanza di fondi e altissimi livelli di indebitamento estero. In media la spesa sanitaria pro-capite nei Paesi a basso reddito può essere 70 volte inferiore rispetto a quella dei Paesi ad alto reddito.

La situazione più drammatica è in Africa a causa di una strutturale carenza di forniture, equipaggiamenti e personale medico.

In media, in tutto il continente, ci sono 2,8 medici e 11 infermieri ogni 10.000 abitanti con oltre 95 mila contagi registrati, a fronte dei 33,8 medici e 80,6 infermieri dell’Europa.

Si tratta di sistemi sanitari già ridotti allo stremo con un carico totale di malattie infettive neanche paragonabile a quello dei Paesi ricchi.

Il Mali dispone di soli 3 ventilatori polmonari per 10 milioni di persone, la Repubblica Centrafricana ne ha soltanto 3.

Particolarmente critica la situazione anche nel Sahel, soprattutto in Burkina Faso, dove oltre 1 milione di donne sono allo stremo, costrette in gran parte a vivere in alloggi di fortuna e campi profughi, senza accesso a servizi essenziali, acqua pulita e cibo ed esposte a violenza di ogni sorta, a causa del brutale conflitto in corso e dell’instabilità acuita dalla pandemia.

Servono:

  • risorse per garantire acqua e igiene
  • 10 milioni di assunzioni di personale, tra medici e infermieri
  • assistenza sanitaria di base gratuita per tutti
  • accesso a vaccini e cure.

Il Pil africano potrebbe ridursi per la prima volta dal 1992

Nei Paesi a basso e medio reddito, soprattutto in Africa, con l’espandersi della pandemia da coronavirus, i danni economici derivanti dalle massicce fughe di capitali (con 90 miliardi di dollari ritirati solo a marzo dai mercati a causa dell’aumento del “rischio paese”), sommati alla riduzione dei prezzi delle materie prime, dei proventi del turismo e delle rimesse avranno effetti devastanti sui mezzi di sussistenza. La Banca Mondiale prevede che nell’Africa subsahariana la crescita potrebbe ridursi addirittura del 5,1% nel 2020 e del 2% in tutto il continente. Sarebbe la prima recessione nella regione negli ultimi 25 anni.

Tra le prime conseguenze potrebbe esserci una vera e propria catastrofe alimentare. Sull’Africa si è abbattuta la peggiore invasione di locuste da un secolo a questa parte che, a partire dal Corno d’Africa, sta mettendo a rischio la sicurezza alimentare di 25 milioni di persone.

Due terzi dei paesi del continente ha subito il lockdown, ed è quindi indispensabile sostenere anche la loro ripresa per non innescare una catastrofe sociale che si sommerebbe a quella sanitaria.

Contrastare l’emergenza sanitaria e sostenere i Paesi poveri nella ripartenza economica

Crediamo che per fronteggiare la pandemia nei Paesi poveri sia sufficiente il 6% – pari a circa 300 miliardi di dollari –  degli incentivi economici messi in campo sinora nei Paesi ad alto reddito.

Il recente annuncio del Fondo Monetario Internazionale di voler cancellare il debito di 25 Paesi in considerazione della crisi è un primo passo avanti, ma è troppo esiguo e sostiene un numero troppo limitato di Paesi. Inoltre i contributi degli aiuti verranno utilizzati per pagare lo stesso debito: un circolo vizioso.

Proponiamo 4 mosse decise e tempestive:

  • colmare il gap dell’aiuto allo sviluppo portandolo da 150 miliardi di dollari attuali a 300 miliardi
  • investire nel raddoppio della spesa sanitaria pubblica negli 85 Paesi più poveri del mondo pari a 159 miliardi di dollari
  • cancellare il debito per tutti i paesi poveri
  • riorganizzare gli aiuti sotto il segno della lotta alla diseguaglianza, della tutela sociale, degli aiuti a misura di donna, della salvaguardia dell’ambiente e del clima

 

 

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