7 Maggio 2020

Emergenza coronavirus: Irene mamma e insegnante a distanza

 

Mamma insegnante a distanzaIl nostro Ufficio Educazione ha messo in campo competenze specifiche in campo di didattica inclusiva e di cittadinanza attiva per rispondere al meglio all’emergenza coronavirus in campo scolastico, in un continuo dialogo con i docenti per trovare soluzioni ad hoc in base alle necessità e dando voce agli studenti stessi che diventano protagonisti.

Si parla di didattica a distanza, ma scuole e famiglie erano pronte ad affrontare questa nuova situazione?

Cosa succede nelle vite degli insegnanti che si sono ritrovati a condividere uno spazio privato, quello casalingo, con quello lavorativo?

Ringraziamo Irene Buonazia, ITCG Fermi di Pontedera, docente di arte e territorio. Collabora con Oxfam per il progetto Walk the Global Walk e ci ha raccontato com’è cambiata la sua vita negli ultimi mesi a seguito dell’emergenza coronavirus.

 

Com’è cambiata la tua vita in questo periodo di emergenza?

La mia vita è cambiata molto: sono abituata a passare in continuazione da un impegno all’altro, spostandomi in luoghi diversi e frequentando molte persone. Essere chiusa in casa è stato molto difficile.

Inoltre per me la casa è un luogo dove solitamente posso avere dei momenti di solitudine e concentrazione, non averli più è stato duro, soprattutto nei primi giorni, quando cercavo di fare tutto “normalmente”.

Quali sono i bisogni degli studenti che avverti maggiormente?

Io insegno alle scuole superiori, in un istituto tecnico. Più che le lezioni, mi sembra che agli studenti manchi il ritmo dato la vita scolastica.

I primi giorni perdevano il conto del giorno della settimana, persi in giornate tutte uguali.

La scuola, anche a distanza, dà loro una serie di impegni, di scadenze. Inoltre gli manca il senso di appartenenza a un gruppo, dove possono confrontarsi, ma anche divertirsi. Ora la lezione è diventata un momento contemporaneamente di normalità e di evasione.

Quanto e come riesci a conciliare essere mamma e lavoratrice in questo particolare momento?

Questo è un impegno complesso di per sé ed ora è diventato davvero difficile, anche se la presenza di mio marito, anche lui in smart working, è aumentata. Il lavoro mi impegna come prima, forse di più, o almeno è distribuito in modo continuativo durante la giornata, con continui contatti con gli studenti. Le mie figlie, di 7 e 11 anni, pur acquistando sempre più autonomia, richiedono spesso il mio aiuto, per le attività scolastiche o perché, vedendomi nella stessa stanza, vogliono semplicemente stare con me.

Per i bambini, la mancanza dei compagni di scuola e delle maestre è un malessere fisico, che la didattica a distanza riesce ben poco a colmare.

Inizialmente nervosismo e frustrazione non sono mancati, anche perché la convivenza di quattro persone bloccate in casa ha aumentato anche il lavoro domestico.

Pian piano ho iniziato a accettare di più questa situazione, smettendo di voler controllare tutto, seguendo i consigli di mio marito: le mie figlie conoscono i nomi dei miei studenti ma sanno che almeno quando registro una lezione si fa silenzio; io rispetto i loro spazi, giro attorno a costruzioni e cartelloni stesi a terra senza pretendere che sia tutto in ordine, ma di sabato tutti diamo una mano a pulire; i miei studenti partecipano e lavorano visto che ho fissato orari più comodi per loro che per me, ma sanno che a volte devo staccarmi un attimo per dare avvio alla videolezione di mia figlia piccola, e che rispondo a tutti, ma che intorno all’ora di cena non esisto.

Procediamo tutti giorno per giorno, cercando di sviluppare soprattutto la capacità di adattamento. E crollare è umano.

Cosa ti auguri e cosa cambieresti della scuola e del mondo che ci circonda?

Mi auguro di poter tornare prima possibile a rivedere le persone che ci sono care, gli amici, di poterci muovere liberamente.

Credo che questa emergenza dovrebbe farci capire quanto di più dovremmo investire nella scuola, soprattutto in termini di spazi e strutture, e di personale qualificato, per consentire una didattica non concentrata in poche ore, ma sviluppata in modo più disteso in un ambiente scolastico dove vivere e crescere, studiando sia con i docenti che in modo autonomo.

Spero che l’esperienza di lavorare a distanza ci possa far capire quanto la tecnologia sia utile per svolgere azioni quotidiane (quante riunioni potremmo fare dal nostro salotto senza spostare un’auto!) e quanto sia più sensato usarla così, piuttosto che per oziose diffusioni di sciocchezze. Ma soprattutto spero che il ricordo del senso di libertà di quando usciamo di casa, per fare una passeggiata in campagna, ci resti addosso e ci faccia capire quali sono i veri bisogni e le vere priorità.

 

Domenica 10 maggio: festa della mamma

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