Oltre 21 mesi di assedio israeliano su Gaza, di bombardamenti ininterrotti e di blocco sistematico degli aiuti umanitari, hanno generato una carestia senza precedenti.
La distruzione dei terreni agricoli e delle fattorie, il blocco dell’accesso ai beni di prima necessità e la limitazione degli aiuti umanitari, oltre a compromettere gravemente la sicurezza alimentare, hanno devastato l’economia locale.
Circondate unicamente da distruzione e accompagnate dal rumore costante delle bombe, alcune persone si sono aggrappate a qualunque cosa rimanesse loro per sopravvivere, fosse anche un semplice quadrato di terra secca.
Da un pezzo di terra arida, può nascere la speranza
Quando la guerra è cominciata, Sami si è trovato circondato dal nulla. I valichi erano chiusi, il cibo era introvabile, l’acqua scarseggiava. Intorno a lui, la carestia piombava silenziosamente sulle persone, più subdola delle bombe. Poi suo figlio si è ammalato e ha cominciato a perdere peso in fretta.

Sami non sapeva cosa fare, non sapeva come nutrirlo.
“Ho pensato: non siamo morti per le bombe, ma ora moriremo di fame?”
In preda alla disperazione, ha chiamato suo fratello, un medico. “Dagli da mangiare qualsiasi tipo di verdura”, gli ha detto. “Coltiva delle verdure.”
Così ha iniziato. Ha recuperato semi di bietola, prezzemolo, rucola. Li ha piantati su un piccolo pezzo di terra davanti a casa. Non sapeva nulla di agricoltura, ma ha chiesto consiglio ai vicini, ha iniziato a trasportare l’acqua da lontano, ad annaffiare a mano. E a poco a poco, le prime foglie verdi sono comparse.

Con quelle verdure ha iniziato a cucinare per suo figlio, nutrendolo giorno dopo giorno. La salute del bambino è migliorata, lentamente, ma visibilmente.
Non è stato facile. Non c’erano semi. E nemmeno fertilizzanti o medicinali. I semi che seminavamo non erano resistenti come quelli importati. Poi ho scoperto che Oxfam sostiene gli orti domestici. Hanno iniziato a organizzare visite presso di noi. Gli ingegneri agronomi ci fornivano assistenza. Ci dicevano: “Questa pianta è malata” e ci prescrivevano una cura. Ci hanno aiutato fornendoci piantine, fertilizzanti e prodotti chimici.
Quel piccolo orto è cresciuto, e con lui anche la fiducia verso il futuro. Sami ha cominciato a sfamare la sua famiglia allargata: venti persone tra fratelli, sorelle e nipoti. Poi ha avuto un surplus nella produzione: peperoni e peperoncini, molto richiesti al mercato. Li ha venduti, e con i soldi ha comprato medicine e altri semi.

Alcuni beni restano introvabili, ma ora Sami e la sua famiglia possono contare sul loro orto. Un vero e proprio orto, dove prima c’era solo terra spoglia.
Avevo un pezzo di terra vuoto e sono riuscito a coltivare un orto domestico. Ma altri non possono farlo. Qual è la loro colpa?
È questo che continua a chiedersi Sami, sperando che la guerra finisca. Non domani. Oggi.
Un piccolo segno di rinascita
Walid è cresciuto con le mani nella terra, in una Gaza che un tempo chiamava paradiso. L’agricoltura è sempre stata la sua vita, il sapere trasmesso di padre in figlio, il ritmo delle stagioni che scandisce e da un senso ai giorni che si susseguono. I suoi figli hanno lavorato al suo fianco fin da piccoli, imparando da lui il valore della pazienza e della cura.
Ma quando la guerra è arrivata, ha spazzato via tutto. Costretto a lasciare la sua terra, Walid ha dovuto abbandonare i campi a cui aveva dedicato praticamente tutta la sua esistenza. Al suo ritorno, mesi dopo, non ha trovato che desolazione. La terra, un tempo fertile, era arida. Le coltivazioni distrutte. Del lavoro di una vita, non era rimasto nulla.

Per mesi non ha potuto piantare nulla. Mancavano i fertilizzanti, le tubature dell’acqua erano danneggiate, i prezzi di ogni bene erano saliti alle stelle. Se un sacco di fertilizzante prima della guerra costava 100 shekel, ora ne servivano 1.500. Eppure, Walid non si è arreso. Ha ricominciato da capo, passo dopo passo, usando ciò che trovava: fertilizzanti organici di fortuna, piantine deboli che crescevano a fatica.
Poi, grazie all’aiuto di Oxfam, la terra ha cominciato a dare di nuovo. I frutti sono tornati, più grandi, più forti. Un piccolo segno di rinascita.

Il mio desiderio è che la guerra finisca. Vivere in sicurezza, senza bombardamenti. Senza il rumore dei droni che sorvolano, come quello che sentite ora.
Nel cuore di Walid, come in quello di tanti altri, non c’è solo la volontà di sopravvivere. C’è la certezza che Gaza può risorgere.
Siamo in grado di ricostruire non solo Gaza, ma venti Gaza, serve solo che la guerra finisca.
Il progetto
Nel periodo tra febbraio e marzo 2025, con il sostegno del Fondo umanitario per i territori palestinesi occupati (HF), Oxfam, insieme a un partner locale e all’Associazione per lo sviluppo agricolo – PARC, ha aiutato 130 palestinesi a costruire i propri orti domestici e altri 150 agricoltori a continuare e sostenere la produzione locale di ortaggi freschi.
Ma la resilienza dei palestinesi non può fronteggiare, da sola, la catastrofe umanitaria provocata dall’assedio israeliano.
Serve ORA un cessate il fuoco permanente e l’accesso incondizionato degli aiuti salvavita a Gaza. Firma la petizione.