19 Luglio 2013

Siria: la peggiore crisi umanitaria dopo il Rwanda

 
Una donna siriana seduta sulle rovine della sua casa. AP Photo/Abdullah al-Yassin
Una donna sulle rovine della sua casa

Peggiora ulteriormente la drammatica crisi siriana, scoppiata in seguito alle proteste del marzo 2011, contro il regime di Assad. Impressionanti  i numeri di un’escalation che sta colpendo non solo le parti in conflitto, ma la popolazione siriana in fuga da un paese dilaniato dalla guerra civile. Una situazione che impone in maniera sempre più urgente, una massiccia risposta internazionale in termini di aiuti umanitari, dato che al momento, solo il 35% degli aiuti promessi è stato garantito nell’ambito del maggiore appello mai lanciato dalle Nazioni Unite, pari a 4 miliardi di dollari.  Così come si fa sempre più indispensabile, la necessità che venga esercitata una decisa pressione politica internazionale rivolta al raggiungimento di un duraturo cessate il fuoco e quindi di un accordo di pace, nel più breve tempo possibile.

I numeri della crisi

Secondo le stime dell’Onu, ad oggi sono circa 93 mila le persone rimaste uccise dall’inizio del conflitto, con una media impressionate di 5 mila vittime ogni mese, che porta la crisi siriana a poter essere classificata come una delle più gravi crisi umanitarie, che abbiano mai colpito l’area. Se si considera che nel vicino Iraq anche nei periodi di maggiore  intensificarsi del conflitto, la media delle vittime non ha quasi mai superato le 3mila unità ogni mese. Una situazione drammatica che colpisce trasversalmente famiglie e bambini e che sta portando circa 6,8 milioni di persone, quasi un terzo dell’intera popolazione siriana, ad aver bisogno di aiuti, dato che i pochi risparmi delle famiglie sono ormai esauriti. Con quasi un quinto della popolazione, che ha dovuto abbandonare la propria casa, e non essendo riuscita a lasciare il paese, adesso vive nelle scuole o in alloggi di fortuna.  Ovvia conseguenza: una crescita esponenziale del numero dei rifugiati in fuga verso i campi profughi dei vicini Libano e Siria, che al momento ne ospitano circa 500 mila a testa. A fronte di un totale di oltre 1 milione e 750 mila profughi in fuga dal paese, di cui si stima che ancora i tre quarti non abbiano avuto accesso ai campi di accoglienza. Un numero destinato a crescere, se continuerà l’esodo che ogni mese vede 200 mila persone scappare dalla guerra. Entro fine agosto il numero dei profughi siriani potrebbe quindi arrivare a 2 milioni e a 3,5 milioni entro la fine del 2013. Si fa quindi sempre più delicata la situazione in Giordania, dove il maggiore campo di Zaatari ospita oltre 100 mila persone, (come se fosse la quinta città del paese per numero di abitanti), mentre il nuovo campo  di Azraq, nel nord-est del paese, è destinato ad ospitare altri 130 mila profughi entro la fine dell’anno. Ma è soprattutto in Libano, un paese dagli equilibri interni ancora fragili, dopo 15 anni di guerra civile e il conflitto con Israele nel 2006, che la situazione si fa sempre più complicata. Qui, infatti, i rifugiati sono sparsi in tutto il paese e vivono in buona parte in alloggi temporanei o tende sovraffollate, rendendo ancor più difficile la distribuzione degli aiuti. Con i rifugiati siriani che attualmente rappresentano il 10 per cento della popolazione totale, ma che entro la fine dell’anno potrebbero divenire un quarto degli abitanti.
 

L’intervento di Oxfam

In piena estate, si fa sempre più urgente, intensificare la distribuzione di acqua potabile e cibo, così come la fornitura di servizi igienici e di prima accoglienza.
Oxfam ha aiutato ad oggi 135 mila profughi siriani nei campi di Libano e Giordania, ma abbiamo l’obbiettivo è di arrivare a sostenerne 650 mila.
Con il tuo aiuto possiamo fare la differenza, adesso.
 
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