
L’attenzione dei media internazionali è puntata sulla storia delle oltre 270 studentesse rapite a Chibok, Nigeria, dal gruppo militante Boko Haram a metà dell’aprile scorso.
Il rapimento delle ragazze nigeriane ci porta a riflettere sul ruolo delle donne, e sulle loro capacità di tenere insieme la società e costruire la pace, anche in tempo di guerra. Affidiamo queste considerazioni a Leymah Gbowee. Gbowee, Premio Nobel per la pace nel 2011, è un’attivista pacifista liberiana, promotrice dei diritti delle donne. E’ fondatrice e presidente della Gbowee Peace Foundation Africa, a Monrovia.
Leymah Gbowee vuole che si sappia che dal momento che le ragazze sono state rapite, le donne nigeriane sono scese in campo, attivandosi per la loro liberazione: “E’ per merito di queste donne coraggiose che oggi il mondo guarda alla Nigeria” ha detto Gbowee alla CNN. Gbowee ha fortemente condannato “questa nuova ondata di usare le donne e le bambine come schiave del sesso per i militari. “La copertura mediatica ci propone sempre uomini che imbracciano un fucile, mai le donne e i bambini, se non come vittime”, ha evidenziato in una intervista rilasciata a marzo, sottolineando come la copertura mediatica dei conflitti troppo spesso ignora gli sforzi delle donne per costruire la pace.
I processi di soluzione dei conflitti a lungo termine, specialmente quelli portati avanti dalle donne, sono più complessi da comprendere e da raccontare. Le storie riguardanti le donne sono quindi messe da parte, preferendo gli aspetti più eclatanti, drammatici e attuali.
L’autrice e giornalista indiana Ammu Joseph ha ribadito il ruolo delle donne durante i conflitti. “Se le donne sostengono la metà del cielo in tempo di pace, questo è ancor più vero in tempo di guerra. Questo è sicuramente un dato di fatto che i media hanno la responsabilità di riconoscere e segnalare”, scrive. “Un modo per iniziare è riconoscere le donne quali legittime e vitali fonti di informazione, così come di capacità di analisi, anche nel contesto di guerra, manifestazione ultima del machismo”.
Leymah Gbowee ha visto che è la donna a portare il fardello più grande nei conflitti prolungati, quando la guerra civile ha devastato il suo paese d’origine, la Liberia. Ha iniziato organizzando donne cristiane e musulmane perché dimostrassero insieme, promuovendo proteste e uno sciopero del sesso. Il ruolo di Gbowee nel contribuire a cacciare Charles Taylor è stato descritto nel documentario Pregate che il Diavolo torni all’inferno.
Quando ho intervistato Gbowee a Marzo, era appena tornata dalla Repubblica Democratica del Congo. “Anche se la narrativa dei media globali è che la Repubblica Democratica del Congo è la capitale mondiale dello stupro, l’ho lasciata dicendomi che, da tutte le storie che ho sentito, la Repubblica Democratica del Congo dovrebbe essere la capitale della solidarietà e della fratellanza…e questa non è solamente la storia della Repubblica Democratica del Congo, ma è anche quella della Siria, della Repubblica Centrale Africana, del Sud Sudan, e ora della Nigeria – tutti luoghi dove ci sono state guerre, e dove sono stati fatti torti terribili. I gruppi delle donne in ogni parte del mondo ogni giorno si adoperano per raddrizzare alcuni dei torti nelle loro comunità, anche se non hanno provocato questi conflitti. Questo è quello che facciamo. Raddrizziamo i torti, quando le nostre vite sono capovolte.