4 Settembre 2020

Beirut, un mese dopo: il Libano in ginocchio

 

Le macerie di Beirut LibanoBeirut, a un mese dall’esplosione in 70mila hanno perso il lavoro, mentre metà del paese vive sotto la soglia di povertà

A un mese dalla terribile esplosione che ha causato 200 vittime e oltre 300 mila sfollati, Beirut è ancora in ginocchio, con decine di migliaia di persone che non hanno risorse per rendere di nuovo abitabili le proprie case, anche a causa di un’inflazione alle stelle, che fa costare una porta 1.000 dollari, il valore di 2 stipendi.

Centinaia di migliaia di persone hanno ancora bisogno di aiuti immediati: cibo, riparo, acqua.

Si stanno esaurendo, infatti, le scorte di cibo, medicine e beni di prima necessità che prima il Libano importava dall’estero, e che passavano proprio attraverso il suo porto principale, ormai ridotto in macerie. Un disastro umanitario – alimentato da disuguaglianze profondissime, dall’aumento dei prezzi e dal Covid-19 – che impedirà il ritorno a una vita dignitosa delle fasce più deboli della popolazione.

La deflagrazione che ha distrutto il porto di Beirut e parte della città ha colpito inoltre un paese già in default, con il 50% della popolazione al di sotto della soglia di povertà, la lira libanese svalutata dell’80% da ottobre, i lavoratori migranti lasciati per strada, denaro liquido praticamente inaccessibile e gli effetti del coronavirus che ha lasciato senza lavoro migliaia di lavoratori occasionali. Il tutto nel contesto del Paese che ospita più rifugiati al mondo in rapporto alla popolazione: quasi 1 abitante su 5 è un profugo siriano.

Tra le macerie, la minaccia del Covid-19: quasi impossibile prevenire il contagio da Covid tra la popolazione

In Libano i contagi hanno superato quota 18.300, crescendo a centinaia ogni giorno e rendendo sempre più difficile per le strutture ospedaliere del Paese gestirne la crescita esponenziale. Una situazione sanitaria sempre più grave, che ha fatto scattare il lockdown lo scorso 21 agosto.

Dall’Italia necessaria un’accelerazione sull’erogazione dei fondi di prima emergenza

Dallo scoppio dell’emergenza, lavoria mocon altre organizzazioni libanesi per assicurare che le persone più vulnerabili ricevano l’aiuto di cui hanno bisogno, con particolare attenzione a disabili, anziani, donne, lavoratori migranti, rifugiati e comunità LGBTQ+.

Al momento 9.000 persone stanno ricevendo cibo, assistenza sanitaria e psicologica, sostegno attraverso il cash for work, supporto alla ricostruzione di case e imprese e consulenza legale.

È necessaria un’accelerazione da parte dell’Italia nell’erogazione degli aiuti di prima emergenza destinati alle ong al lavoro sul campo, con l’obiettivo di soccorrere il maggior numero di persone possibile e alleviare le sofferenze delle comunità più colpite dall’immane tragedia di un mese fa.

A tale proposito, Silvana Graspino, responsabile di Oxfam Italia in Libano, commenta: “Ieri abbiamo partecipato all’incontro con la vice ministra Del Re tenutosi a Beirut presso la nostra ambasciata. Un’occasione in cui abbiamo posto l’attenzione sulla necessità di rafforzare il coordinamento con le ong locali e le organizzazioni della società civile. A nostro avviso infatti la cooperazione italiana può giocare un ruolo chiave nel sostenere le esperienze e le conoscenze delle organizzazioni locali per superare questa difficilissima fase che il Libano sta attraversando”.

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