8 Marzo 2011

La storia di Mamtaz: la lotta per il clima e la giustizia nel Golfo del Bengala

 
Mamtaz ha perso sua madre e il marito nei sempre più frequenti uragani. Credits: Ami Vitale/Oxfam
Mamtaz presso il fiume che attraversa il villaggio

Il villaggio di South Tetulbaria, nel Golfo del Bengala, vive di pesca ma i cambiamenti climatici minacciano la sua sopravvivenza. Nel novembre 2010 Mamtaz Begum, una giovane vedova di Braguna, ha denunciato questo stato di cose chiedendo giustizia per le comunità più esposte ai mutamenti del clima di fronte al Climate Tribunal della capitale Dacca.
Mamtaz Begum, 35 anni, vive nel villaggio di South Tetulbaria, vicino al Golfo del Bengala. Adagiato sulla riva del fiume Bishkhali, questo villaggio è fondato sulla pesca ma i cambiamenti climatici stanno minacciando quest’attività e, senza pesca, resta davvero poco da mangiare per i suoi abitanti. Nel novembre 2010 Mamtaz si è ribellata e ha chiesto al Climate Tribunal di fare giustizia per le comunità del Golfo del Bengala, rese vulnerabili dai cambiamenti climatici.


Nel 1991, a 16 anni, Mamtaz aveva sposato Mohammad Ansar, pescatore esperto e capace, anche se quel che guadagnava era appena sufficiente a sfamare la sua famiglia, composta da lui, sua moglie e i loro quattro figli.
La vita di Mamtaz cambiò bruscamente nel 1999, quando suo marito morì durante l’usuale battuta di pesca di sette giorni. Le condizioni del mare erano buone, ma Ansar e il suo compagno di pesca non tornarono all’orario previsto: la loro barca era finita in un ciclone ed era affondata.
Dopo la morte di suo marito Mamtaz, rimasta sola con i figli, andò a vivere da sua madre iniziando a darsi da fare per procurare cibo e abiti ai suoi figli. Lavorava nelle case di altre famiglie nel villaggio e pescava nel fiume. Ma spesso il cibo non era sufficiente per sfamare tutti.
Poco dopo Mamtaz perse anche sua madre, a causa del ciclone Sidr. Ricorda ancora quando suo fratello gridò “attenti all’acqua!” e subito dopo vennero travolti da un’enorme massa d’acqua. “Tutti noi cercammo di combattere, di difenderci. Io venni trovata viva e in stato di incoscienza ma mia madre e mia zia non sopravvissero”.
I suoi figli riuscirono a salvarsi arrampicandosi in cima agli alberi o sui pali della luce ma – aggiunge Mamtaz – “tutte le case, di questo e di altri villaggi, vennero spazzate via. Non posso sopportare il pensiero di tutta quella gente morta affogata”.
Sua madre aveva aiutato la famiglia lavorando come insegnante. Ora, aggiunge Mamtaz, “tutto quello che mi è rimasto sono i miei quattro figli; non ho più nessuno al mondo. Non c’è nessuno a prendersi cura di noi, nessuno a preoccuparsi se siamo vivi o morti. Il mare mi ha tolto tutto, prima mio marito, poi mia madre. Ora quello che ho è la fame e nessun vestito da indossare”.


Ma Mamtaz non è sola. Il 20% delle donne del suo villaggio è rimasta vedova per colpa del mare. Prima degli uragani e delle inondazioni, i pescatori del villaggio erano autonomi. Prima del 2000 il villaggio contava 40 imbarcazioni da pesca. Ora queste non sono più di 7 o 8. Molte delle barche sono andate distrutte in mare o vendute per pagare i debiti.
Mamtaz non ha dubbi nel dire che la situazione orribile in cui si trova è dovuta ai cambiamenti climatici. Pescare è diventato più pericoloso di prima e “in questi tempi il mare è diventato anche più crudele. Il tempo cambia repentinamente e se la barca da pesca ha preso il mare e si trova nel mezzo di una tormenta, non si ha il tempo materiale di ritornare indietro. Solo chi ha fortuna e il favore di Dio ci riesce; tutti gli altri muoiono in mare”.
Nei villaggi “le onde della marea sradicano alberi, abbattono case e tutto ciò che trovano intorno in pochissimi istanti. La forza dell’acqua è tale che arriva fino sulla strada, causando panico tra gli abitanti del villaggio. Il clima è diventato così devastante che ha una potenza in grado di travolgere ogni cosa: alberi, case, raccolti. Per colpa dei cambiamenti climatici, molti nel villaggio vivono la mia stessa situazione, ossia un costante stato di dolore e sofferenza”.


Ma Mamtaz non resta ferma a guardare la sua vita e quella degli abitanti del villaggio andare in frantumi. Nel novembre del 2010 parla al Climate Tribunal di Dacca, capitale del Balgladesh.
Oxfam ha lavorato con i suoi partner in India e Bangladesh per sviluppare l’idea che tutti i responsabili dei cambiamenti climatici potevano e dovevano essere giudicati dalla legge.
Prima che Mamtaz si recasse a Dacca, ha confessato il perché fosse così determinata nel raccontare la sua vicenda personale. “Andrò perché le onde hanno portato via mio marito. Conosco la mia sofferenza e non voglio che nessun altro provi la stessa cosa. Voglio che si sappia che la crescita della frequenza delle onde è responsabilità dei paesi industrializzati. Chiedo a loro di far tornare il clima com’era, cosicché tutto questo non accada più e che la gente possa vivere in pace, lavorare, pescare esattamente come faceva prima. Per questo voglio andare in Tribunale, perché voglio giustizia. Io voglio giustizia”.
Mamtaz è una dei quattro testimoni che di fronte alla Corte hanno raccontato come i cambiamenti climatici abbiano cambiato le loro vite. Mamtaz è stata la prima a parlare. L’aula era affollata da 1.200 persone; lei sembrava terrorizzata ma allo stesso tempo determinata.
Ha raccontato di come suo marito, “nel 1999 si perse in mare. Non tornò più a casa. Aveva 24 anni a quel tempo”. Molta gente in quella stanza aveva gli occhi lucidi. Mamtaz ha ripreso il discorso: “ Non posso dar da mangiare ai miei quattro figli”. Ha raccontato di come nei dieci anni successivi alla perdita del marito davvero poco fosse cambiato.
Questo evento è stato considerato così interessante che una tra le stazioni televisive satellitari più famose ne ha seguito in diretta l’intero svolgimento.


Il Tribunale ha concluso che l’impatto generato sulle comunità rivierasche dei pescatori del Bangladesh è una conseguenza diretta dei cambiamenti climatici e ha formulato alcune importanti raccomandazioni per agire in modo concreto. Tra queste, l’immediata adozione di misure per ridurre la vulnerabilità delle popolazioni, e l’assistenza finanziaria e una rete di protezione sociale per tutti gli abitanti delle zone colpite.
Il tribunale ha anche riconosciuto che le donne sono più vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici e che questa vulnerabilità non viene adeguatamente riconosciuta dagli attuali assetti governativi globali. I giudici raccomandano per questo delle misure specifiche che prevedano un supporto finanziario alle donne colpite dai disastri naturali e che il Governo del Bangladesh sostenga questa istanza nei negoziati internazionali.
La storia di Mamtaz non è la sola. I cambiamenti climatici stanno devastando molte altre vite, mettendo in ginocchio il futuro di tante donne il lotta per assicurare il cibo alle proprie famiglie
Per questo Oxfam si batte perché il Fondo Internazionale per il clima che possa mettere al centro i bisogni e le esigenze delle donne

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