30 Marzo 2015

Siria, nel 2015 finanziato solo 9.8% degli aiuti

 

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Nel 2015 necessari 8,7 miliardi di dollari per soccorrere circa 18 milioni di civili. Nel primo trimestre 2015 finanziato solo il 9.8% degli aiuti. I paesi ricchi che si incontreranno domani in Kuwait per far fronte alla crisi avranno però l’opportunità di invertire questo trend negativo.


La crisi in Siria non accenna ad attenuarsi: cresce di mese in mese il numero di civili che all’interno del paese e negli stati vicini hanno un estremo e urgente bisogno di assistenza umanitaria. Gli aiuti economici da parte della comunità internazionale non riescono a tenere il passo con l’aumento esponenziale delle necessità della popolazione in fuga da atrocità e violenza. Secondo Oxfam però, i paesi ricchi che si incontreranno domani in Kuwait per discutere degli stanziamenti necessari per far fronte alla crisi siriana (che ha già causato 11,4 milioni di profughi interni e rifugiati e 220 mila vittime), avranno l’opportunità di invertire questo trend negativo, garantendo un impegno economico di gran lunga superiore a quello del 2014. Se ciò non dovesse avvenire, le conseguenze sarebbero devastanti per milioni di civili sia in Siria che nei paesi limitrofi, soprattutto in Turchia, Libano e Giordania, dove si sono rifugiati quasi 4 milioni di persone.


Le organizzazione umanitarie stimano che nel 2015 saranno necessari circa 8,7 miliardi di dollari per soccorrere circa 18 milioni di civili all’interno della Siria e nei paesi vicini: praticamente, poco più di un dollaro al giorno a persona. A oggi solo il Regno Unito ha garantito una “giusta quota” di aiuti in base alle dimensioni della propria economia: nel primo trimestre 2015 sono stati stanziati soltanto il 9.8% degli aiuti necessari. Un trend negativo confermato anche da quanto emerso nelle ultime due conferenze sulla crisi siriana, dove sono stati garantiti finanziamenti nettamente inferiori rispetto alle reali necessità. Nel 2014 le organizzazioni umanitarie, l’ONU, il Comitato Internazionale della Croce Rossa e la Federazione Internazionale della Croce Rossa, avevano richiesto lo stanziamento di 7,7 miliardi di dollari per poter prestare soccorso ai civili: alla fine dell’anno però, era arrivato soltanto il 62,5% dei fondi.


“A quattro anni dall’inizio del conflitto, gli appelli lanciati dalle organizzazioni umanitarie hanno richiesto il massimo impegno da parte della comunità internazionale, ottenendo però poco in cambio – ha detto Riccardo Sansone, responsabile emergenze umanitarie di Oxfam Italia,– Senza gli aiuti internazionali necessari a far fronte ai bisogni della popolazione siriana, moltissime persone saranno costrette ad adottare forme di sopravvivenza disperate, come il lavoro minorile e i matrimoni precoci”.


Oxfam ha calcolato (leggi il rapporto), sulla base delle possibilità e delle dimensioni delle economie dei singoli stati, che quasi la metà dei paesi ricchi non ha stanziato una giusta quota di aiuti: tra questi Russia (7%), Australia (28%) e Giappone (29%). Fra i paesi che invece hanno garantito la loro giusta quota, e anche oltre, troviamo il Kuwait (1107%), gli Emirati Arabi Uniti (391%), la Norvegia (254%), il Regno Unito (166%), la Germania (111%) e gli Stati Uniti (97%). A metà strada si trovano invece paesi come l’Italia che ha garantito il 58% di quanto avrebbe potuto o la Francia con il 57%. A complicare ulteriormente il quadro umanitario, negli ultimi mesi si sono aggiunti i drastici tagli all’assistenza di base operati dalle agenzie delle Nazioni Unite e le restrizioni in vigore al confine con i paesi vicini, che stanno praticamente obbligando la popolazione a restare all’interno della Siria.


“Nei primi tre mesi del 2015 i fondi da parte della comunità internazionale sono arrivati col contagocce – ha aggiunto Sansone – il 90,2% degli aiuti richiesti negli appelli lanciati dall’ONU e della Croce Rossa non è stato ancora finanziato. I paesi donatori che si riuniranno domani per il summit in Kuwait devono e possono fare meglio dell’anno scorso, sia singolarmente che insieme”.


Oxfam chiede inoltre che i paesi ricchi accolgano, entro la fine del 2015, il 5% dei rifugiati siriani più vulnerabili; attualmente l’impegno è per meno del 2% dei 3,9 milioni di rifugiati siriani in fuga dalla guerra, per di più senza un chiaro riferimento temporale.


“L’analisi di Oxfam mostra che molti Stati europei non hanno una linea d’azione chiara – continua Sansone – molti paesi hanno offerto meno del 10% della propria effettiva capacità di accoglienza per i rifugiati siriani, tra questi il Regno Unito, la Francia, l’Italia, la Spagna, il Portogallo e la Polonia. Ogni giorno vediamo come i rifugiati rischino la vita nei drammatici viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo, soprattutto verso l’Italia: l’Europa non può più chiudere gli occhi di fronte a questo esodo”.


Alcuni paesi invece hanno già mostrato la strada da intraprendere. Germania, Norvegia, Canada, Svezia e Svizzera hanno mantenuto le promesse superando anche la loro “giusta quota”, sia per quanto riguarda l’accoglienza dei rifugiati che per la copertura degli aiuti economici necessari a fronteggiare la crisi siriana.


“Oltre agli aiuti e all’accoglienza, i governi in occasione della conferenza in Kuwait hanno tutto il peso politico necessario a chiedere la fine della crisi e delle terribili violazioni che i civili siriani affrontano ogni giorno. Dovrebbero unire le voci per chiedere un rinnovato processo politico in linea con la conferenza di Ginevra del 2012, e fermare l’invio di armi e munizioni in Siria, che continua ad alimentare il conflitto”, ha concluso Sansone.


L’ANALISI DI OXFAM

Oxfam ha sviluppato due indicatori per analizzare l’impegno che gli Stati ricchi dovrebbero garantire per alleviare le sofferenze della popolazione colpita dalla crisi:

  • il livello di finanziamento che ogni Stato mette a disposizione per la risposta umanitaria, calcolato sulla base delle rispettive economie e del reddito nazionale lordo.
  • il numero di siriani rifugiati nei paesi vicini a cui ogni stato dovrebbe garantire accoglienza o altre forme di protezione umanitaria, ancora calcolato sulla base delle rispettive economie. Il dato non include il numero di persone che hanno chiesto e ricevuto asilo, dal momento che gli Stati hanno specifici obblighi internazionali per le persone che arrivano nel loro territorio e chiedono asilo.

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