7 Giugno 2010

AIDS in Sudafrica, progressi grazie alla prevenzione

 
Educatrice e bimba in uno dei centri dell'infanzia a East London, Sudafrica. Credits Andrea Micheli/Photoaid
Centro per l'infanzia a East London, Sudafrica.

Abbiamo intervistato il dottor Paul Cromhout, direttore della Small Projects Foundation, South Africa, con cui Oxfam Italia collabora.

La Small Projects Foundation lavora da 21 anni con un vasto programma di prevenzione e lotta all’AIDS nella provincia di Eastern Cape, dove i livelli di povertà, analfabetismo e disoccupazione sono enormemente alti. Un’area rurale, in cui la popolazione ha uno scarsissimo accesso ai servizi sanitari ed è quindi molto più vulnerabile alla malattia. L’HIV e l’AIDS sono un problema particolarmente sentito in questa provincia, dove un quarto della popolazione è infetto dal virus.

Quale è l’impegno del Sudafrica nella lotta e prevenzione dell’AIDS?
Il governo sudafricano ha intrapreso un importante programma di lotta all’AIDS, inserendola tra le priorità e concentrandosi prevalentemente su donne e bambini, che sono i soggetti più colpiti dal virus ma anche quelli più sensibili a prevenzione e trattamento. La precedenza è data quindi alla trasmissione materno infantile e alla prevenzione, attraverso il test HIV. Dal prossimo 1 aprile sarà quindi possibile fare il test HIV in ogni clinica, non più solamente negli ospedali, cercando di risolvere il problema della decentralizzazione. Eastern Cape ha 748 cliniche diffuse in tutto il territorio, e 85 ospedali. Il test, gratuito, diventerà una pratica di routine e verrà effettuato in particolare a tutte le donne incinta, così da evitare il contagio intervenendo già dai primi mesi di gestazione. Non solo; il test verrà proposto anche nelle circa 600 scuole della provincia. Si prevedono 15 milioni di test per il prossimo anno.

I farmaci antiretrovirali sono disponibili a tutti?
E’ stato previsto di raddoppiare la copertura
di farmaci antiretrovirali, rendendoli disponibili anche nelle cliniche e non solo negli ospedali. Per la maggior parte della gente è infatti impossibile recarsi in ospedale, a causa della distanza e del costo del viaggio. In questo modo riusciremo a coprire il fabbisogno anche nelle aree rurali più remote. A somministrare i farmaci saranno poi non solo i medici, ma anche le infermiere e i volontari della comunità, appositamente formati, che potranno portare il kit di farmaci antiretrovirali ai malati che non possono muoversi da casa. Bisogna infatti attuare un cambiamento di strategia, spostando l’azione dall’individuo alla società, coinvolgendone tutti i suoi membri, se vogliamo che le misure che stiamo prendendo risultino veramente efficaci. L’idea che sta passando è che tutta la società si prenda carico del problema, che è un problema sociale. Garanzia essenziale è quindi una stretta collaborazione tra società civile e sistema sanitario pubblico.

Quali sono i principali problemi incontrati nella lotta all’AIDS? Come si stanno affrontando?
Abbiamo capito che l’AIDS non si combatte solo con i farmaci. Come ho detto in precedenza, l’AIDS è sì un problema medico e sanitario, ma soprattutto sociale. La stigmatizzazione è molto alta e la disuguaglianza di genere ha un peso preponderante. Le donne sono molto più sensibili al problema della trasmissione del virus, e molto più inclini ad accettarne le conseguenze e le proprie responsabilità verso figli e compagni. Per gli uomini il discorso è molto diverso; padri e mariti non condividono questa responsabilità. Ma moltissime bambine non hanno la minima nozione di educazione sessuale. Non possiamo parlar loro di prevenzione dal virus se prima non le aiutiamo a capire cosa sta succedendo al loro corpo. Il governo ha quindi deciso di intervenire nelle scuole, con corsi di educazione sessuale. Il nostro lavoro è anche quello di coinvolgere le madri, perché possano parlare con le proprie figlie. Spesso sono loro le prime a essere state vittima dell’ignoranza. 
La scuola è un ottimo terreno anche per superare le barriere che separano i ragazzi dalle ragazze. Quest’anno il Sudafrica ospiterà i mondiali di calcio. Abbiamo colto l’occasione per organizzare partite di calcio con squadre miste nelle scuole. L’unico modo è affrontare il problema con i giovani, educandoli e sensibilizzandoli insieme con le loro compagne.

Firenze, marzo 2010, a cura di Anna Pasquale, Oxfam Italia

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