23 Novembre 2015

Diario umanitario. Con i profughi lungo la rotta balcanica

 
Šid, Serbia al confine con la Croazia

Da Belgrado, il diario umanitario di Anna Sambo, coordinatrice del nostro programma umanitario in Serbia e Macedonia sul campo insieme ad Angela Pinna, lead generation manager, per una missione di valutazione dei bisogni dei profughi che percorrono la rotta balcanica.


Io credo che sia solo passione per l’umano.
Si parla di quello che sta succedendo che hai visto ieri e mentre ne parli è’ già tutto cambiato. Corri! Corri!
Andiamo, seguiamo un bus, mi dice Angela. Parto da stasera.
Li stanno portando in un “centro”. In mezzo alla campagna. Al confine tra Serbia e Croazia. Ci sono stata anche io settimane fa in una giornata di sole quando tutto era diverso. Non ci ero ancora dentro così tanto. Ora fino al midollo. Sento tutto. E le lacrime di Angela mi ci riportano. Stasera la ascoltiamo: abbiamo visto quelle tende. Una grandissima, gelida. Piena di brandine e di scatoloni. “Vuol dire che si aspettano tante persone”.  “Non finirà così presto”.
Ma cosa è iniziato?
La selezione.

Da ieri selezionano i migranti: passano solo i siriani, gli iracheni e gli afghani. E passano solo quelli che sono già registrati in Grecia.
Gli altri? Fuori.
Ma dove vanno? E poi… Sono senza identità, penso.
Cosa ne faranno?
Il governo serbo dice che in un paio di giorni decideranno cosa farne.
Ma dovranno tornare a casa?
Cosa c’è di là? Cosa c’è “indietro”? Mi chiede Chiara.
C’è l’ISIS, che gli ha ucciso due figlie, un figlio, una moglie. Che ha costretto un ragazzo paraplegico a scappare sulle spalle di altri. C’è Dio testimone della cattiveria, ti raccontano. Ci sono persone pronte a vendere un fuggitivo in cambio di due barili e mezzo di petrolio. Ci sono città bellissime distrutte. Ci sono bombe.
Abbiamo perso tutto, dicono.
Abbiamo già fatto avanti e indietro.
E ora? Ancora?
E intanto arrivano notizie.
E sembra che la cattiveria stia vincendo. Paura che chiudano i confini.
Il bisogno è troppo grande.
Solo esserci può dare un senso a tutto questo.
Succede qualcosa che non ha ancora categorie che possano spiegarlo.
Che forma ha? Di cosa si tratta? Quali le parole?
Non le trovo. Non le trovo.
Stringere le loro mani.
Lasciare che ti guardino negli occhi.
Silenziosa intesa con chi è con te a vedere tutto questo.
Ecco il senso, la direzione.


19 novembre, notte
Domani cosa sarà?
Oggi pensavo che questo lavoro vuol dire decidere in fretta. Esserci subito.
Non c’è spazio per prendere tempo.
Domani è già oggi.

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